Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
L'ARGOMENTO DI OGGI |
Aderite all" ORDINE LAICO dei " CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO" per VIVERE il VANGELO, Diventate CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO vivendo la Vostra VITA in FAMIGLIA e sul LAVORO secondo VIA, VERITA' VITA |
dai GIORNALI di OGGIromani, viceministro alle comunicazioni: "nessuna imposizione dal governo" Intercettazioni, appello a Napolitano delle opposizioni: "La misura è colma" Pd, Idv e Udc scrivono al presidente: "Il voto di fiducia impedisce la libera espressione dei parlamentari 2009-06-10 |
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Il mio Pensiero:
Io semplice cittadino Italiano non temo le intercettazioni telefoniche, ma le auspico per combattere massicciamente la delinquenza, la corruzione, i traffici illeciti, le tangenti, l'illegalità, il traffico di persone umane, di organi, della droga, i delitti contro le persone indifese, l'inquinamento ambientale, il riciclo del denaro sporco, tutti i reati in genere commessi contro la collettività, reati contro la sanità pubblica, contro le giuste leggi di libertà civile, sociale, religiosa, del lavoro, della scuola, ...
Difendiamo la libertà della magistratura, della stampa, della polizia ed inquirenti che abbiano i giusti mezzi e strutture per indagare e difendere la collettività per rendere vivibili le città, perché i cittadini onesti tornino a riappropriarsi dei centri storici, gli imprenditori, commercianti, artigiani siano liberati dalle tangenti, dal pizzo, dalla concussione… ecc..
Che i processi si celebrino velocemente per combattere la corruzione contro la crisi ed i disonesti.
Che tutto il popolo del web si mobiliti contro il bavaglio della Magistrature, delle indagini, della stampa, per la libertà degli onesti cittadini.
Per. Ind. Giacomo Dalessandro
Dal Sito Internet di
REPUBBLICA
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.repubblica.it/2008-06-12
I giornali hanno il dovere di informare
I cittadini hanno il diritto di sapere
Firma l'appello di Repubblica
Ecco cosa dice l'emendamento al ddl
I giornali hanno il dovere di informare perché i cittadini hanno il diritto di conoscere e di sapere. La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini. Per questo va fermata.
dal sito internet
http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=88618&idCat=120Riprende la maggior parte delle novità introdotte in commissione Giustizia alla Camera
L'emendamento sulle intercettazioni approvato
(Ddl Camera 1415-A Emendamento Governo 1.1000)
Riprende la maggior parte delle novità introdotte in Commissione Giustizia alla Camera il testo del maxiemendamento al disegno di legge sulle intercettazioni sul quale il governo ha ottenuto la fiducia. Tra le novità l'introduzione di un nuovo reato, quello della pubblicazione di intercettazioni per le quali "sia stata ordinata la distruzione" per il quale si prevede il carcere da uno a tre anni. La stessa sanzione è stabilita per la pubblicazione di intercettazioni riguardanti terzi estranei alle indagini e "irrilevanti". Gli editori che pubblicheranno atti o intercettazioni in divieto degli obblighi di legge saranno multati. Infine viene previsto il divieto di pubblicazione di nomi o immagini di magistrati "relativamente ai procedimenti e processi penali a loro affidati", fatto salvo il caso in cui l'immagine non sia indispensabile al diritto di cronaca. (10 giugno 2009)
Ddl Camera 1415-A - Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
A.C. 1415-A - Proposta emendativa su cui il Governo ha posto la fiducia
Sostituire l'articolo 1 con il seguente:
Art. 1.
1. All'articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente: "h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli".
2. All'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole: "lettere a), b), d), e)" sono inserite le seguenti: "e h-bis), nonché se il magistrato risulta iscritto nel registro degli indagati per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, in relazione ad atti del procedimento assegnatogli, sentito in tale caso il capo dell'ufficio competente ai sensi dell'articolo 11";
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il procuratore generale procede allo stesso modo se il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, ovvero hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento".
3. All'articolo 103 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il divieto opera anche nel caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati";
b) dopo il comma 5 è inserito il seguente:
"5-bis. Ferma restando l'eventuale responsabilità penale, costituiscono illecito disciplinare l'annotazione, l'informativa, anche verbale, e l'utilizzazione delle conversazioni o comunicazioni di cui al comma 5".
4. All'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto".
5. All'articolo 114 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
"2-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
2-ter. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis".
6. Dopo il comma 6-bis dell'articolo 114 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:
"6-ter. Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati. Il divieto relativo alle immagini non si applica all'ipotesi di cui all'articolo 147, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, nonché quando, ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell'avvenimento non possa essere separata dall'immagine del magistrato".
7. All'articolo 114 del codice di procedura penale, il comma 7 è sostituito dal seguente:
"7. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 269 e 271. È altresì vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l'espunzione ai sensi dell'articolo 268, comma 7-bis".
8. All'articolo 115 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l'organo titolare del potere disciplinare, che nei successivi trenta giorni, ove siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi".
9. L'articolo 266 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
"Art. 266. - (Limiti di ammissibilità). - 1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni sono consentite nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo delle persone col mezzo del telefono;
g) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, del medesimo codice.
2. Negli stessi casi di cui al comma 1 è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa".
10. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Il pubblico ministero, con l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati, richiede l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale. L'autorizzazione è data con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi sono evidenti indizi di colpevolezza e le operazioni previste dall'articolo 266 sono assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistono specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice";
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1.1. Il pubblico ministero, insieme con la richiesta di autorizzazione, trasmette al giudice il fascicolo contenente tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti";
c) il comma 1-bis è sostituito dai seguenti:
"1-bis. Nella valutazione degli evidenti indizi di colpevolezza si applica l'articolo 203.
1-ter. Nei procedimenti contro ignoti, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, su richiesta della persona offesa, relativamente alle utenze o ai luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l'autore del reato.
1-quater. Nei procedimenti contro ignoti, è sempre consentita l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, al solo fine di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso";
d) il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone le operazioni previste dall'articolo 266 con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al tribunale indicato nel comma 1. Il tribunale, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, le operazioni previste dall'articolo 266 non possono essere proseguite e i risultati di esse non possono essere utilizzati";
e) il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di trenta giorni, anche non continuativo. Il pubblico ministero dà immediata comunicazione al tribunale della sospensione delle operazioni e della loro ripresa. Su richiesta motivata del pubblico ministero, contenente l'indicazione dei risultati acquisiti, la durata delle operazioni può essere prorogata dal tribunale fino a quindici giorni, anche non continuativi. Una ulteriore proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi, può essere autorizzata qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti di cui al comma 1";
f) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
"3-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. La durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano gli stessi presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa.
3-ter. Nel decreto di cui al comma 3, il pubblico ministero indica l'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni, nei casi in cui non vi procede personalmente";
g) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Nei casi di cui al comma 3-bis, il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria";
h) il comma 5 è sostituito dal seguente:
"5. In apposito registro riservato tenuto in ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l'ora di emissione e la data e l'ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni".
11. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
"1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi nell'archivio riservato di cui all'articolo 269.
2. Il verbale di cui al comma 1 contiene l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione dell'intercettazione; nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all'ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.
3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d'appello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini";
b) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:
"3-ter. Ai procuratori generali presso la corte d'appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3";
c) i commi 4, 5 e 6 sono sostituiti dai seguenti:
"4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme con i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, comunque non inferiore a cinque giorni, salvo che il tribunale, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero, nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.
5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il tribunale autorizza motivatamente il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari.
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere visione delle videoregistrazioni o cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti";
d) dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
"6-bis. È vietato disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali prima del deposito previsto dal comma 4.
6-ter. Scaduto il termine, il pubblico ministero trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al tribunale, il quale fissa la data dell'udienza in camera di consiglio per l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d'ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il tribunale decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127";
e) i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:
"7. Il tribunale, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
7-bis. È sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Il tribunale in ogni caso dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7".
12. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso l'ufficio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo";
b) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: "non più soggetta a impugnazione" sono aggiunte le seguenti: "e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3";
c) ai commi 2 e 3, la parola: "giudice" è sostituita dalla seguente: "tribunale".
13. All'articolo 270 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), e non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte".
14. L'articolo 270-bis del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
"Art. 270-bis. - (Comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza). - 1. Quando le operazioni previste dall'articolo 266 sono disposte su utenze riconducibili ad appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, la richiesta è formulata, a pena di nullità, dal procuratore della Repubblica che ne informa il procuratore generale. Il procuratore della Repubblica dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti relativi alle operazioni eseguite. Quando non procede di persona, il procuratore della Repubblica indica nel decreto di cui all'articolo 267, comma 3, l'ufficiale di polizia giudiziaria incaricato delle operazioni. Tali attività non sono delegabili.
2. Il procuratore della Repubblica trasmette immediatamente e, comunque, entro cinque giorni dall'inizio delle operazioni, al Presidente del Consiglio dei ministri, copia dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 1, per accertare se taluna delle informazioni in essi contenuta sia coperta da segreto di Stato. Il procuratore della Repubblica procede allo stesso modo, e nello stesso termine, in relazione ai documenti, supporti e atti acquisiti nei successivi periodi di esecuzione delle operazioni. Il procuratore della Repubblica è personalmente responsabile dell'esecuzione delle operazioni, della secretazione e custodia dei documenti, dei supporti e degli atti ad esse relativi.
3. Prima della risposta del Presidente del Consiglio dei ministri, le informazioni ad esso inviate possono essere utilizzate solo se le esigenze cautelari di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 274 hanno carattere eccezionale o quando è necessario intervenire per prevenire o interrompere la commissione di un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Resta ferma la disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per l'attività del personale dei servizi di informazione per la sicurezza.
4. Se entro trenta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non oppone il segreto, l'autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento.
5. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, l'autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite le operazioni previste dall'articolo 266, comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o dei servizi di informazione per la sicurezza, trasmette immediatamente i documenti, i supporti e gli atti concernenti tali comunicazioni al procuratore della Repubblica, che provvede ai sensi dei commi 2 e 3.
6. L'opposizione del segreto di Stato impedisce all'autorità giudiziaria l'utilizzazione delle notizie coperte dal segreto. Della relativa documentazione non può essere a nessun titolo estratta o rilasciata copia.
7. Non è in ogni caso precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dalle informazioni coperte da segreto.
8. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell'insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l'autorità giudiziaria non può acquisire né utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato. In questo caso, l'autorità giudiziaria trasmette la documentazione indicata al comma 2 al Dipartimento delle informazioni della sicurezza.
9. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento".
15. All'articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale, le parole "e 268 commi 1 e 3" sono sostituite dalle seguenti: ", 268, commi 1, 3, 5, 6 e 6-bis, e 270-bis, commi 2, 3 e 5".
16. All'articolo 271 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1-bis. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora, nell'udienza preliminare o nel dibattimento, il fatto risulti diversamente qualificato e in relazione ad esso non sussistano i limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266".
17. All'articolo 292 del codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente:
"2-quater. Nell'ordinanza le intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto nel contenuto e sono inserite in un apposito fascicolo allegato agli atti".
18. All'articolo 293 del codice di procedura penale, al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In ogni caso i difensori possono prendere visione del contenuto integrale dell'intercettazione, richiamata per contenuto nell'ordinanza per l'applicazione delle misure".
19. All'articolo 329, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: "Gli atti d'indagine" sono sostituite dalle seguenti: "Gli atti e le attività d'indagine".
20. All'articolo 329 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può chiedere al giudice l'autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero".
21. Alla parte seconda, libro V, titolo I, del codice di procedura penale, dopo l'articolo 329 è aggiunto il seguente:
"Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni). - 1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, non acquisiti al procedimento, nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono sempre coperti dal segreto.
2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti, e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i medesimi documenti, se acquisiti al procedimento come corpo del reato, sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari".
22. All'articolo 380, comma 2, lettera m), del codice di procedura penale, dopo le parole: "o dalle lettere a), b), c), d)," sono inserite le seguenti: "e), e-bis),".
23. All'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è abrogato;
b) al comma 2, le parole: "I nastri contenenti le registrazioni" sono sostituite dalle seguenti: "I supporti contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche" e dopo le parole: "previsto dall'articolo 267, comma 5" sono inserite le seguenti ", nonché il numero che risulta dal registro delle notizie di reato di cui all'articolo 335";
c) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
"2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell'archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.
2-ter. In relazione alle informazioni, documenti, supporti e atti relativi alle operazioni di cui all'articolo 270-bis, si applicano le disposizioni in materia di protezione e tutela dei documenti e materiali classificati ovvero coperti da segreto di Stato".
24. All'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: "dell'imputazione" sono inserite le seguenti: ", con espressa menzione degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del fatto";
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Quando l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l'informazione è inviata all'autorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e 2-quater";
c) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
"2-bis. Il pubblico ministero invia l'informazione anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del culto cattolico invia, altresì, l'informazione quando è stata applicata nei suoi confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede all'invio dell'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 del codice.
2-ter. Quando risulta indagato o imputato un vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un ordinario di luogo equiparato a un vescovo diocesano, abate di un'abbazia territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge l'ufficio di amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia l'informazione al cardinale Segretario di Stato.
2-quater. Quando risulta indagato o imputato un sacerdote secolare o appartenente a un istituto di vita consacrata o a una società di vita apostolica, il pubblico ministero invia l'informazione all'ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente";
d) il comma 3-bis è abrogato.
25. All'articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è abrogato;
b) al comma 3, le parole: "dei commi 1 e 2" sono sostituite dalle seguenti: "del comma 1".
26. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:
"Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la reclusione fino a un anno.
Le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza.
Per i reati di cui al presente articolo la competenza è determinata ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale";
b) all'articolo 614, primo comma, le parole: "di privata dimora" sono sostituite dalla seguente: "privato";
c) all'articolo 617 del codice penale, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque pubblica intercettazioni in violazione dell'articolo 114, comma 7, del codice di procedura penale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni";
d) dopo l'articolo 617-sexies è inserito il seguente:
"Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). - Chiunque mediante modalità o attività illecita prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni";
e) all'articolo 684, le parole: " con l'ammenda da euro 51 a euro 258" sono sostituite dalle seguenti: "o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 5.000.";
f) all'articolo 684 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"La stessa pena di cui al primo comma si applica per la violazione dei divieti previsti dall'articolo 114, comma 6-ter, del codice di procedura penale.
Se il fatto di cui al primo comma riguarda le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, le immagini mediante riprese visive o l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni stesse, la pena è dell'arresto fino a trenta giorni o dell'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000";
g) al libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 1, del codice penale, dopo l'articolo 685 è aggiunto il seguente:
"Art. 685-bis. - (Omesso controllo in relazione alle operazioni di intercettazione). - Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, i soggetti di cui agli articoli 268, comma 3-ter, del codice di procedura penale e 89, comma 2-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che omettono di esercitare il controllo necessario ad impedire la indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa di cui all'articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, sono puniti con l'ammenda da euro 500 a euro 1.032".
27. Dopo l'articolo 25-octies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:
"Art. 25-nonies. - (Responsabilità per il reato di cui all'articolo 684 del codice penale). - 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a trecento quote".
28. All'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
"Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell'articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono";
b) al quarto comma, dopo le parole: "devono essere pubblicate" sono inserite le seguenti: ", senza commento,";
c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:
"Per la stampa non periodica l'autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all'articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata";
d) al quinto comma, le parole: "trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma," sono sostituite dalle seguenti: "trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma" e le parole: "in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma" sono sostituite dalle seguenti: "in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, quinto e sesto comma";
e) dopo il quinto comma è inserito il seguente:
"Della stessa procedura può avvalersi l'autore dell'offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta".
29. Al titolo I, capo VI, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo l'articolo 90 è aggiunto il seguente:
"Art. 90-bis. - (Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). - 1. Entro il 31 marzo di ogni anno ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione riferite alle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell'anno precedente. Ai fini del controllo sulla gestione amministrativa di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è trasmessa dal Ministro della giustizia al procuratore generale della Corte dei conti".
30. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, è stabilito annualmente lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di Corte di appello. Il procuratore generale della Corte di appello provvede alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il limite di spesa può essere derogato su richiesta del procuratore capo al procuratore generale per comprovate sopravvenute esigenze investigative.
31. All'attuazione del comma 30 si provvede nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
32. L'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, è abrogato.
33. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 dell'articolo 139 è sostituito dal seguente:
"5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia o, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 del presente codice, il Garante può vietare il trattamento o disporne il blocco ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera c)";
b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
"5-bis. Nell'esercizio dei compiti di cui agli articoli 143, comma 1, lettere b) e c) e 154, comma 1, lettere c) e d), il Garante può anche prescrivere, quale misura necessaria a tutela dell'interessato, la pubblicazione o diffusione in una o più testate della decisione che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione.
5-ter. Nei casi di cui al comma 5-bis, il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell'Ordine dei giornalisti anche in relazione alla responsabilità disciplinare, nonché, ove lo ritengano, le associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti.
5-quater. La pubblicazione o diffusione di cui al comma 5-bis è effettuata gratuitamente nel termine e secondo le modalità prescritti con la decisione, anche per quanto riguarda la collocazione, le relative caratteristiche anche tipografiche e l'eventuale menzione di parti interessate. Per le modalità e le spese riguardanti la pubblicazione o diffusione disposta su testate diverse da quelle attraverso la quale è stata commessa la violazione, si osservano le disposizioni di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2003, n. 284";
c) all'articolo 170, comma 1, dopo le parole: "26, comma 2, 90," sono inserite le seguenti: "139, comma 5-bis,".
34. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.
35. Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 1, comma 11, della presente legge, si applicano decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'apposito decreto del Ministro della giustizia che dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3 dell'articolo 268. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.
Conseguentemente sopprimere gli articoli da 2 a 23.
1. 1000. Governo.
2008-06-10
La legge
del bavaglio
(SULLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE)
di GIUSEPPE D'AVANZO
L'agenda delle priorità di Silvio Berlusconi continua ad essere ad personam. Quindi, che la ricreazione continui, con buona pace di Emma Marcegaglia. Sostegno alle imprese e a chi perde il lavoro? Possono attendere. Per la bisogna sono sufficienti, al premier, un paio di bubbole nel tempio di cartapesta di Porta a porta (4 giugno): "Oggi non c'è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C'è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto".
Il Cavaliere diventa meno fantasioso quando si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono) e paventa le cronache come il diavolo l'acqua santa. Si muove con molta concretezza, in questi casi. Prima notizia post-elettorale, dunque: il governo impone la fiducia alla Camera e oggi sarà legge il disegno che diminuisce l'efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato. Con buona pace (anche qui) della sicurezza dei cittadini di un Paese che forma il 10 per cento del prodotto interno lordo nelle pieghe del crimine, le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite.
L'ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali e nuovi carichi di lavoro diventeranno sabbia in un motore già arrugginito avvicinando la machina iustitiae al limite di saturazione che decreta l'impossibilità di celebrare il processo, un processo (appare sempre di più questo il cinico obiettivo "riformatore" del governo). Ancora. Soffocare in sessanta giorni il limite temporale degli ascolti (un'ulteriore stretta: si era parlato di tre mesi) "vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell'ordine e degli uffici di procura", come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura.
Sistemata in questo modo l'attività d'indagine, il lavoro non poteva dirsi finito se anche l'informazione, il diritto/dovere di cronaca, non avesse pagato il suo prezzo. Con un tratto di penna la nuova legge estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto "fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Prima di questo limite "sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto".
Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci.
Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società. È vero, in alcuni casi l'ostinazione a raccontare le opacità del potere ha convinto il giornalismo ad andare oltre i confini del codice penale violando il segreto. È il suo mestiere, in fondo, perché la libertà di stampa è nata nell'interesse dei governati e non dei governanti e quindi non c'è nessuna ragione decorosa per non pubblicare documenti che raccontano alla pubblica opinione - ricordate un governatore della Banca d'Italia? - come un'autorità di vigilanza protegge (o non protegge) il risparmio e il mercato.
Naturalmente violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale, significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa. I cronisti che violeranno la consegna del silenzio saranno sospesi per tre mesi dall'Ordine dei giornalisti (sarà questa la vera punizione) e subiranno una condanna penale da sei mesi a tre anni di carcere (che potrà trasformarsi in sanzione pecuniaria, però). Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente?
La trovata del governo che cambia radicalmente le regole del gioco è un'altra. È la punizione economica inflitta all'editore che, per ogni "omesso controllo", potrà subire una sanzione pecuniaria (incarognita nell'ultimo testo) da 64.500 a 465mila euro. Come dire che a chi non tiene la bocca cucita su quel che sa - e che i lettori dovrebbero sapere - costerà milioni di euro all'anno la violazione della "consegna del silenzio", cifre ragguardevoli e, in molti casi, insostenibili per un settore che non è in buona salute.
L'innovazione legislativa - l'abbiamo già scritto - sposta in modo subdolo e decisivo la linea del conflitto. Era esterna e impegnava alla luce del sole la redazione, l'autorità giudiziaria, i lettori. Diventa interna e vede a confronto, in una stanza chiusa, le redazioni e le proprietà editoriali. La trovata trasferisce il conflitto nel giornale. L'editore ha ora un suo interesse autonomo a far sì che il giornale non pubblichi più quelle cronache. Si portano così le proprietà a intervenire direttamente nei contenuti del lavoro redazionale. Le si sollecita, volente o nolente, a occuparsi della materia informativa vera e propria, sindacando gli atti dei giornalisti. Il governo, nel progetto inviato al Parlamento, pretende addirittura che l'editore debba adottare "misure idonee a favorire lo svolgimento dell'attività giornalistica nel rispetto della legge e a scoprire ed a eliminare tempestivamente situazioni di rischio". È evidente che solo attraverso un controllo continuativo e molto interno dell'attività giornalistica è possibile "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio". Di fatto, l'editore viene invitato a entrare nel lavoro giornalistico e a esprimere un sindacato a propria tutela.
Ecco dunque i frutti intossicati della legge che oggi sarà approvata, senza alcuna discussione, a Montecitorio: la magistratura avrà meno strumenti per proteggere il Paese dal crimine e gli individui dall'insicurezza quotidiana; si castigano i giornalisti che non tengono il becco chiuso anche se sanno come vanno le cose; si punisce l'editore spingendolo a mettere le mani nella fattura del giornale. E quel che conta di più, voi - cari lettori - non conoscerete più (se non a babbo morto) le storie che spiegano il Paese, i comportamenti degli uomini che lo governano, i dispositivi che decidono delle vostre stesse vite. Sono le nuove regole di una "ricreazione" che non finisce mai.
(10 giugno 2009)
CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2009-06-12 Il testo passa all'esame al Senato. napolitano: "mi riservo di esaminare il testo" La Camera approva il ddl intercettazioni Ed è bagarre. Idv: "Proteggete i ladri" Berlusconi presente alla seduta. Scrutinio segreto, 17 voti a favore dall'opposizione. Dai banchi del Pdl: "Buffoni" * NOTIZIE CORRELATE * SCHEDA - Cosa prevede il ddl sulle intercettazioni * AUDIO - Palamara (Anm): "I delinquenti la faranno franca" * Intercettazioni, sì alla fiducia. Anm: "È la morte della giustizia penale" (10 giugno 2009) ROMA - La Camera dice sì al ddl sulle intercettazioni, dopo che il governo ha ottenuto la fiducia. I sì sono stati 318, 224 i no, un solo astenuto. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. E si riaccendono le polemiche, magistrati e giornalisti in testa. Il presidente Napolitano, interpellati sull'argomento, ha chiesto tempo: "Mi riservo di esaminare il testo approvato dalla Camera, di seguire il successivo iter parlamentare e poi di prendere le decisioni che mi competono". VOTO A SCRUTINIO SEGRETO - La votazione finale si è tenuta a scrutinio segreto: lo ha indicato il presidente della Camera Gianfranco Fini, spiegando che la richiesta è stata avanzata dal gruppo del Pd. Silvio Berlusconi è stato presente a tutta la seduta, accanto al ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Ora chiederemo una rapida lettura da parte del Senato - ha assicurato il Guardasigilli -. Crediamo di aver prodotto un testo che dopo un anno di lavoro ha raggiunto un punto di equilibrio ragguardevole tra la tutela della privacy e delle indagini, l'articolo 15 e l'articolo 21 della Costituzione". CARTELLI DELL'IDV: "VERGOGNA" - Dopo la lettura dei risultati del voto, in Aula è scoppiata la bagarre. Dai banchi dell'Italia dei Valori tuona la protesta e i deputati mostrano cartelli come "Libertà di informazione cancellata", "Vergogna", "Oggi è morta la libertà di informazione uccisa dall'arroganza del potere", "Pdl: protegge i delinquenti e ladri". Immediato l'intervento dei commessi, mentre il presidente Fini dichiarava sospesa la seduta. Dai banchi del centrodestra si è levato un coro: "Buffoni, buffoni!". Già prima un "testa vuota" era volato dai banchi della Lega, durante l'intervento del capogruppo Idv Massimo Donadi, che anche oggi ha usato parole di fuoco per bocciare il disegno di legge. "Gli insulti della Lega sono lo strumento per mascherare l'assoluta mancanza di argomenti nel giustificare il voto favorevole a un provvedimento criminogeno come la legge sulle intercettazioni - ha replicato Silvana Mura, deputata dell'Idv -. La Lega sa bene che sta tradendo i suoi elettori e rendendo lettera morta i provvedimenti sulla sicurezza di Maroni". Per il Carroccio parla il presidente dei deputati Roberto Cota: "La legge andava fatta perché ci sono abusi e sprechi da tanto tempo. Questo testo assicura l'uso delle intercettazioni come strumento di indagine, non pone alcun limite di utilizzo per i reati più gravi e garantisce i cittadini contro violazioni indebite della loro vita priva". "VENTI VOTI DALL'OPPOSIZIONE" - Il ministro Alfano si è detto soddisfatto per l'esito del voto. "Abbiamo preso 20 in più dei nostri. Il voto segreto ci ha premiato, visto che nel computo dei voti a favore ci sono 20 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. Significa che circa il 20% dell’opposizione condivide le nostre tesi". E il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "La Camera ha confermato la scelta del governo sulle intercettazioni anche con il concorso di un settore dell'opposizione. Questo allargamento della maggioranza è avvenuto perché anche in settori dell'opposizione c'era coscienza dell'insostenibilità di una situazione marcata da molte irregolarità e c'è stata anche una reazione di rigetto alla subalternità del Pd alla linea truculenta e forcaiola dell'Idv". Dai tabulati risulta che all'opposizione sono mancati 17 voti. Se tutti i deputati avessero votato compatti secondo le indicazioni dei gruppi e contando l'astensione del deputato delle Minoranze Karl Zeller, il provvedimento sarebbe dovuto passare con 301 sì e 242 no, a fronte degli effettivi 318 sì e 224 no. PD: IMPOSSIBILE ANTITERRORISMO - Ma il Pd attacca. "Il ddl toglie alla magistratura uno dei più efficaci strumenti di indagine - dice la deputata Olga D'Antona -. Se questa legge fosse stata già in vigore gli arresti, avvenuti tra la scorsa notte e questa mattina nell'ambito dell'azione antiterrorismo, non sarebbero stati possibili. Mi auguro che al Senato ci possa essere un ripensamento". Dal mondo dell'informazione arriva un nuovo appello, dopo quello lanciato alla vigilia del voto alla Camera: "La Fieg e la Fnsi si uniscono ancora per rinnovare al Parlamento, ora in particolare al Senato, e a tutte le forze politiche l'appello a scongiurare l'introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori. Le previsioni del ddl approvato con ricorso al voto di fiducia violano il fondamentale diritto della libertà d'informazione". 11 giugno 2009(ultima modifica: 12 giugno 2009)
anm: "propaganda contro la magistratura" Csm, si dimettono tre consiglieri Protesta contro le dichiarazioni del ministro Alfano sulle nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari Il ministro Alfano (Eidon) Il ministro Alfano (Eidon) ROMA - Tre consiglieri del Csm hanno presentato al presidente Napolitano le proprie dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati in passato presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista andata in onda mercoledì su Raidue, ha parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè una spartizione sistematica. Nella lettera, Giuseppe Maria Berruti (Unicost), Ezia Maccora (Md) e Vincenzo Siniscalchi (laico di centrosinistra) esprimono allarme per il livello dello scontro tra magistratura e politica, visto che il ministro li ha accusati di "condotte illecite". "NO A LOTTIZZAZIONE" - L'intervista che ha provocato le dimissioni dei tre consiglieri è andata in onda mercoledì sera nella rubrica "Punto di vista" del Tg2. "Mi sto battendo per evitare che i vertici degli uffici giudiziari, e cioè i procuratori e i presidenti di Tribunale, vengano lottizzati - ha detto il ministro -. Cioè non è possibile che si faccia un planning, all'interno del quale si dica "a questa corrente spetta questa Procura, a quest'altra corrente, siccome non ha avuto un procuratore, spettano due procuratori aggiunti da un'altra parte". Questi sono meccanismi che oramai sono rifiutati anche in politica. Penso che invece a guidare le Procure debbano andare i migliori, senza bisogno di controllare prima di mandarli a guidare un ufficio giudiziario qual è lo spillino della corrente che hanno affisso sulla giacca". Palazzo dei Marescialli esprime "sconcerto, anche perché si tratta di accuse rivolte in tv dal ministro, arrivate in tutte le case degli italiani, dopo tre anni di lavoro in cui abbiamo puntato su attitudini e merito, nominando procuratori la cui professionalità è indiscussa". Senza dimenticare, nota un consigliere, che sulle nomine dei capi degli uffici "il ministro dà il suo concerto, e fino ad oggi non lo ha mai negato ai candidati che abbiamo proposto". ANM: "PROPAGANDA" - Parole ritenute "gravi" anche dall'Associazione nazionale magistrati, che parla di "propaganda contro la magistratura esprimendo solidarietà ai tre consiglieri dimissionari del Csm. "La sfida al rinnovamento della magistratura passa attraverso la scelta della dirigenza - dicono il presidente dell'Anm Luca Palamara e il segretario Giuseppe Cascini -. Questo è quanto il Csm ha fatto negli ultimi anni. Colpisce e stupisce che il difficile compito di autoriforma che la magistratura sta ponendo in essere non venga compreso nemmeno dal ministro". Critico anche il Pd: "Solo due giorni fa il capo dello Stato ha rivolto un monito alla politica e alla magistratura per abbassare i toni dello scontro. È grave che a disattenderlo sia stato proprio il ministro della Giustizia - dice la capogruppo in commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti -. Dall'inizio di questa legislatura è in atto un violento attacco alla magistratura nel tentativo di delegittimarla e disgregarne l'autonomia e l'indipendenza sancite dalla Costituzione". 11 giugno 2009
Vecchi eccessi e nuovi pericoli nella legge sulle intercettazioni A rriva dal passato la tagliola della nuova legge sulle intercettazioni: il boomerang di anni di prassi giudiziarie e giornalistiche innegabilmente troppo rilassate ha spianato la strada alle "molte cose da rinnovare" nella normativa in materia, per usare l’espressione di Napolitano. Ma non poche norme in cantiere rischiano di stravolgere le altre "molte cose da difendere" evocate dal presidente quando spiega di voler esaminare bene il testo approvato dalla Camera. "Con la nostra legge sulle intercettazioni non si rovinerà più la vita della gente", esulta il ministro della Giustizia, Alfano. Vero. Basta intendersi sulla vita di chi. Di certo, e solo per restare a uno dei tanti punti critici, la legge, nel vietare ai magistrati (tranne che per il reato di associazione mafiosa) di utilizzare la prova del reato B emersa nelle intercettazioni autorizzate nel processo per il reato A, non avrebbe "rovinato la vita" di molti imputati di omicidi (5 solo a contare processi di questi mesi in Calabria, Lombardia, Puglia, Campania e Sicilia): contro costoro non sarebbe stato più utilizzabile come prova l’ascolto in "diretta" del delitto, casualmente registrato allorché il killer per troppa foga aveva sfiorato il cellulare posto sotto intercettazione da tutt’altra indagine. A chi questa norma avrebbe "rovinato la vita", piuttosto, andrebbe chiesto ai familiari delle tre guardie giurate uccise nel 1999 a Lecce in una rapina: gli assassini che li hanno lasciati vedove e orfani sono stati individuati e condannati all’ergastolo grazie alle confessioni di uno dei killer, rassegnatosi a "collaborare" solo dopo aver appreso che a incastrarlo per l’esecuzione di un rivale esisteva l’intercettazione casuale (in un’altra indagine) del suo telefono proprio mentre la vittima gli implorava pietà. "Berlusconi ha fiuto — l’ha ieri appoggiato Umberto Bossi —, perché alla gente non piace essere ascoltata". Vero: ma in mezzo a quella "gente", a volte, capitano anche i criminali. Così come è ben dubbio che il modo migliore per togliere l’acqua ai tanti giornalisti che negli anni hanno fatto carta straccia della vita privata delle persone sia estendere ancor di più l’area del segreto e presidiarla sia con maxisanzioni a carico degli editori, che portano "il padrone in redazione", sia con la previsione del carcere per i giornalisti, che porta l’Italia fuori dall’Europa: quella Europa la cui Corte per i diritti dell’uomo di Strasburgo con la sentenza Dupuis nel 2007 ha condannato la Francia per aver sproporzionatamente ristretto la libertà di stampa sanzionando due giornalisti che avevano pubblicato atti coperti da segreto, e che con la sentenza Kydonis due mesi fa ha condannato la Grecia ritenendo incompatibili con la libertà di stampa norme che contemplino il carcere per i cronisti Luigi Ferrarella 12 giugno 2009
Il magistrato Maria Cordova "Abbiamo arrestato ottanta pedofili Ora sarà impossibile" ROMA — Duecento bambini violentati, scambiati, costretti a partecipare a festini a luci rosse. Ottanta arresti e altrettante condanne, fino a vent’anni di carcere. L’inchiesta "Fiori nel fango" è quella che Maria Cordova ricorda per prima quando si tocca il tema delle microspie. Perché di una cosa l’ex procuratore aggiunto è certa: "Senza le intercettazioni, quei risultati non li avremmo mai ottenuti". Quanto tempo sono durati gli "ascolti"? "Almeno sei mesi. A poco a poco è emersa una catena, con pedofili che venivano a Roma anche da altre regioni". I 60 giorni previsti adesso non sarebbero bastati? "Assolutamente no, perché le conversazioni telefoniche non sono mai chiare. Ci possono essere quattro, cinque intercettazioni che non sono univoche. Poi, a un certo punto, arriva quella che dà un senso anche alle precedenti". Com’è cominciata l’inchiesta "Fiori nel fango"? "Con dei controlli nei campi nomadi: la polizia aveva notato dei bambini che venivano portati via in macchina di sera.Poi si è scoperto che maneggiavano un po’ di soldi e che dai loro cellulari risultavano parecchie telefonate ad adulti. Erano tutti maschi sui dieci anni". Non c’è mai stato il rischio di violare la privacy? "No, abbiamo controllato solo le persone che apparivano collegate alle nostre ipotesi di reato, pedofilia e induzione alla prostituzione minorile" . Questo è successo in quell’inchiesta. E in generale? "È sempre così". Pensa che ora si dovrà tornare a metodi investigativi più "tradizionali"? "E quali? Sono in magistratura dal ’67 e le intercettazioni ci sono sempre state. Per di più allora venivano disposte dal pm, senza l’autorizzazione di un giudice". Oggi però sembra che siano cresciute a dismisura. "Vent’anni fa c’era la pedofilia? Era così diffusa la corruzione? Molti reati esistevano, ma erano sommersi.Cosa si contesta ai magistrati, di essere troppo efficienti?". Lavinia Di Gianvito 12 giugno 2009
Il sindaco: consensi minori per l’astensione, ma percentuali più alte Moratti: "a Pdl e Lega il 48% dei voti" "Milano non ha tradito. Nel 2006 era il 44" Per il primo cittadino, Podestà giusto per gli elettori di Casini Letizia Moratti (Image) Letizia Moratti (Image) MILANO — L’appello ufficiale lo lascia al candidato del centrodestra Guido Podestà. Ma il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha deciso di spendersi completamente in questo supplemento di campagna elettorale che vede Podestà sfidare il presidente uscente della Provincia di Milano, Filippo Penati. Tanto da indicare agli alleati dell’Udc, in giunta e in Consiglio, un percorso obbligato: "Podestà è il candidato naturale per gli elettori dell’Udc ". E poi difende il voto milanese: nessun tradimento. "Anzi, il centrodestra è cresciuto. Ringrazio i milanesi perché il voto ha premiato la nostra amministrazione ". Sindaco Moratti, si aspettava il ballottaggio? "Mi dispiace moltissimo per Guido Podestà. Non ce l’ha fatta al primo turno per un soffio. È un dato politico di cui bisogna tenere conto. Conferma la fiducia nella persona e il gradimento del programma". È preoccupata per lo spareggio? "Adesso la cosa più importante è andare a votare. Lancio un appello ai milanesi: il 21 e il 22 giugno andate alle urne e votate, perché è fondamentale che vinca Podestà, c’è grande coerenza tra il suo programma e quello del Comune. Possiamo lavorare insieme su temi fondamentali: la sicurezza, le infrastrutture, i servizi al cittadino, l’Expo". L’ultimo ballottaggio alla Provincia, tra Ombretta Colli e Filippo Penati è stato deciso anche dall’astensionismo. Oltre 200 mila elettori non si sono presentati allo spareggio. "Per questo motivo è fondamentale l’appello al voto. Con Podestà possiamo lavorare insieme. Con Filippo Penati no". Dove si troveranno i voti mancanti? Un ruolo fondamentale lo potrebbe giocare l’Udc. "Sicuramente sì". Si sente di fare un appello all’Udc? "L’appello lo lascio al candidato e ai vertici del centrodestra, perché è una scelta che rientra in un quadro politico nazionale. Sarebbe improprio pronunciarmi. Posso però dire una cosa. In Comune, il rapporto con l’Udc è estremamente proficuo. C’è grande collaborazione sia in giunta che in aula". Quindi? "Mi sentirei di dire che gli elettori dell’Udc, dovrebbero trovare in Guido Podestà il loro candidato naturale. Sono degli alleati solidi e leali". Veniamo alle elezioni. C’è un caso Milano? Podestà ha preso una percentuale più alta di voti in provincia che in città. "Vorrei sfatare una leggenda metropolitana. Il dato più interessante che emerge dal voto è che alle Comunali del 2006 (quando fu eletta sindaco la stessa Moratti, ndr) Forza Italia insieme ad An e alla Lega hanno preso 269.498 voti, pari al 44,6%. In questa tornata amministrativa il Pdl e la Lega hanno preso 242.524 voti, vale a dire il 48,4%, pur essendoci stati 60.000 elettori che questa volta non si sono presentati alle urne ". Risultato? "Anche se i voti assoluti sono minori, la percentuale di voto è maggiore: Pdl e Lega hanno preso un 3,8% in più rispetto alle comunali del 2006. Questo è il dato di Milano". Il governatore Roberto Formigoni ha detto che il voto di Milano deve far riflettere tutti. La Lega ribadisce che la città della Moratti ha fatto peggio della provincia. Il Pd che il voto di Podestà a Milano è il segno della crisi della sua giunta. "Innanzi tutto ricordiamoci che Penati è passato dal 44,08% del 2004 al 41,54 del 2009, perdendo 41.000 voti. Per quanto ci riguarda mi sembra il momento di pensare in positivo. Un’analisi del voto è normale e anche sacrosanto, ma rispetto a singole interpretazioni a Milano il consenso del centrodestra è aumentato del 3,8%". Valutazione politica? "Una sola". Quale? "Ringrazio la città di Milano perché il voto dei cittadini ha premiato il lavoro di questa amministrazione. Grazie milanesi". Questo voto cambierà gli equilibri nella sua maggioranza? Ci sarà un rimpasto come chiede la Lega?". "Assolutamente no". Si riferisce alla prima o alla seconda domanda? "A entrambe. Il voto non ha cambiato gli equilibri e lo dimostrano i numeri che le ho dato. Per quanto riguarda il rimpasto, abbiamo provveduto a una revisione di giunta due mesi fa". I suoi rapporti con Penati? "Nei primissimi tempi non ci sono stati problemi particolari. Nell’ultimo anno e mezzo sì. È stato assente sulla sicurezza, non si è impegnato sulle infrastrutture che aveva bloccato negli anni precedenti, è svanito su Malpensa". È la stessa accusa che le lancia Penati: aver tradito Malpensa. "Noi non abbiamo fatto nessuna marcia indietro. Noi stiamo rafforzando Malpensa. Il precedente governo Prodi stava per svendere Alitalia a Air France senza garantire Malpensa e Linate. Noi lo stiamo facendo: rafforzando Linate e firmando 39 accordi bilaterali per Malpensa. Penati, a queste riunioni, non l’ho mai visto". Mautizio Giannattasio 12 giugno 2009
2009-06-11 Pd, Idv e Udc scrivono a napolitano: "Il voto di fiducia impedisce la libera espressione" Intercettazioni, sì alla fiducia Anm: "E' la morte della giustizia penale" La Camera ha votato la fiducia al governo sul provvedimento con 325 sì e 246 no * NOTIZIE CORRELATE * Intercettazioni: il governo pone la fiducia (9 giugno 2009) Manifestazione a Montecitorio contro il ddl sulle intercettazioni (Fotogramma) Manifestazione a Montecitorio contro il ddl sulle intercettazioni (Fotogramma) ROMA - L'Aula della Camera ha confermato la fiducia al governo sul disegno di legge in materia di intercettazioni con 325 sì, 246 no e due astenuti. La presidenza della Camera sarebbe orientata, secondo quanto si apprende, a concedere il voto segreto sul ddl intercettazioni nel caso che l'opposizione glielo chieda. E l'opposizione, sempre secondo quanto si apprende sarebbe intenzionata a farlo. Il voto finale è previsto per giovedì alle 15 subito dopo l'esame degli ordini del giorno presentati al disegno di legge dal centrosinistra. POLEMICA - La votazione è arrivata al termine di una giornata parlamentare segnata da aspre polemiche tra maggioranza e opposizione. "La misura è colma". Pd, Idv e Udc hanno scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per esprimere il proprio disagio contro il ddl intercettazioni e contro "questo modo di legiferare della maggioranza, che di fatto è diventato un mercato delle vacche" tra Lega e Pdl. Il voto di fiducia posto sul provvedimento "ha come unico obiettivo quello di impedire che ci possa essere una libera espressione da parte dei parlamentari della maggioranza su questo ddl", spiegano in conferenza stampa congiunta il capogruppo del Pd Antonello Soro, il presidente dei deputati dell'Idv Massimo Donadi e il vice capogruppo dell'Udc Michele Vietti. BAVAGLIO ALLA STAMPA - L'opposizione denuncia che su un provvedimento che tratta di sicurezza dei cittadini, privacy e libertà di informazione, diritti tutelati dalla Costituzione, il governo metta la fiducia "per impedire a deputati leghisti ed alcuni settori di An di manifestare il proprio dissenso con il voto segreto", come ha detto il capogruppo del Pd, Antonello Soro. "I vertici della Lega hanno deciso di scambiare la morte certa del referendum elettorale, cedendo un pezzo di libertà del Paese", ha aggiunto il capogruppo dell'Italia dei Valori, Massimo Donadi, commentando quello che l'opposizione definisce un do-ut-des Carroccio- Pdl concordato all'indomani delle elezioni europee ed in vista dei ballottaggi alle amministrative e dei referendum il 21 giugno. "L'Udc è molto gelosa della sua specificità di opposizione - precisa Vietti -, ma stavolta la situazione è tale che occorre un'azione congiunta per far capire ai cittadini quanto la situazione stia diventando pericolosa. E noi chiediamo a Napolitano di valutarla bene questa situazione per capire se non ci sia un rischio per gli equilibri costituzionali". "NESSUNA IMPOSIZIONE" - Dalla maggioranza arriva la replica di Paolo Romani, viceministro alle Comunicazioni: "È errato parlare di un’imposizione del governo al Parlamento: il ricorso alla fiducia e il fatto che del testo in materia di intercettazioni se ne parli da troppo tempo ha portato a renderlo finalmente legge. Il testo è stato largamente modificato rispetto a quello iniziale anche e soprattutto con il contributo dell’opposizione. Ciò che si vuole impedire è la pubblicazione delle intercettazioni. La sintesi rispetto alle informazioni che portano sino al processo sarà consentita, anche se prima non lo era". Le doglianze rivolte dalle opposizioni al capo dello Stato sul ddl intercettazioni sono "immotivate, perchè la fiducia è uno strumento previsto dall'ordinamento giuridico" aggiunge ancora il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. "È ipocrita - sottolinea Alfano - chi sostiene che non c'è stato tempo per la discussione, che c'è stata una strozzatura del dibattito, dal momento che il ddl è in Parlamento da un anno. È altrettanto ingiusto - aggiunge - lamentarsi per la fiducia, che è uno strumento previsto dall'ordinamento e di cui ha fatto un ampio uso il passato governo" più di quello attuale. ANM - Ma il provvedimento voluto dal governo non getta nello sconcerto solo l'opposizione, ma anche i magistrati. Siamo di fronte alla "morte della giustizia penale" in Italia. Lo afferma l'Associazione nazionale magistrati, denunciando "la gravità delle conseguenze che deriveranno dalle novità legislative in materia di processo penale e intercettazioni": in un momento in cui "la sicurezza dei cittadini è sovente evocata come priorità del Paese - si legge nel documento diffuso dal sindacato delle toghe - lascia sgomenti il fatto che il Parlamento stia per effettuare scelte che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". GIORNALISTI - E proprio contro il ddl sulle intercettazioni, che infligge gravi limitazioni alla libertà e al diritto d'informazione, la Federazione nazionale della stampa italiana e tutte le altre sigle sindacali del giornalismo sono pronte a "scioperare nei prossimi giorni". Lo ha annunciato il segretario generale della Fnsi, la Federazionale nazionale della stampa italiana, Franco Siddi. Dopo aver ricordato le molte iniziative di protesta susseguitesi in questi mesi in tutta Italia e la possibilità dello sciopero, Siddi ha concluso affermando che "se tutto questo non fosse sufficiente, passeremo alla disobbedienza civile, pubblicando quello che riterremo utile e necessario, anche se non pubblicabile secondo il ddl, e ce ne assumeremo la responsabilità". Successivamente Siddi ha reso pubblica una nota congiunta Fieg (Federazione italiana editori giornali) Fnsi in cui l'organizzazione degli editori e il sindacato dei giornalisti si uniscono per, "rinnovare al Parlamento e a tutte le forze politiche l'appello ad evitare l'introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori". Tali limitazione, per Fieg ed Fnsi, "violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Gli editori e i giornalisti concordano sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative". 10 giugno 2009(ultima modifica: 11 giugno 2009)
Secondo i consiglieri alcune norme ledono i diritti degli immigrati Csm: il ddl sicurezza paralizza la giustizia Parere della Sesta Commissione: il reato di clandestinità avrà pesanti ripercussioni sull'attività dei magistrati * NOTIZIE CORRELATE * Ddl sicurezza, via libera alla Camera (15 maggio 2009) ROMA - Lesione dei diritti e rischio paralisi per la giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura, per bocca della Sesta Commissione, mette nero su bianco la propria opinione sul pacchetto sicurezza del governo. Il documento, approvato all'unanimità, viene discusso oggi dal plenum di Palazzo dei Marescialli. In particolare il Csm punta l'indice contro la norma secondo cui per la dichiarazione di nascita è necessaria l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del genitore. "È in contrasto con il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza - si legge - da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita", sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo ratificata dall'Italia. Si determina così "una iniqua condizione" del figlio di stranieri irregolari, che verrebbe non solo "privato della propria identità" ma che "potrebbe essere più facilmente esposto" ad adozioni illegali attraverso "falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge". OBBLIGO DI DENUNCIA - Quanto ai clandestini adulti, i consiglieri mettono in evidenza la lesione del diritto alla salute, e di altri beni fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ci sarà "un'inevitabile incidenza negativa del nuovo reato di clandestinità" sull'"accesso a servizi pubblici essenziali" che riguardano beni fondamentali come il diritto alla salute da parte degli immigrati non dotati di valido titolo di soggiorno. È questo perché proprio in forza del codice di procedura penale "tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di denuncia in relazione alla cognizione funzionale di un reato procedibile d'ufficio". Senza deroghe a questo obbligo "il rischio concreto è che si possano creare circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche". PARALISI DELLA GIUSTIZIA - Inoltre, avverte il Csm, l'introduzione del reato di clandestinità comporterà la "totale paralisi di molti uffici giudiziari". Oltretutto, sottolineano i consiglieri, la nuova norma "non appare idonea a conseguire l'intento di evitare nel nostro Paese la circolazione di stranieri entrati irregolarmente". Le conseguenze peggiori saranno per i giudici di pace: saranno "gravati da centinaia di migliaia di nuovi processi, tali da determinare la paralisi di molti uffici". Ma problemi si avranno anche per gli "uffici giudiziari ordinari impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive". I consiglieri dubitano inoltre dell'"effetto deterrente" della norma: "Una contravvenzione punita con pena pecuniaria non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate; senza dire che già la normativa vigente consente alle autorità amministrative competenti di disporre l'immediata espulsione dei clandestini"; uno strumento su cui pesano "non già carenze normative ma difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo". Ma non sarà solo il reato di clandestinità a pesare sugli uffici giudiziari: anche le diverse norme del pacchetto che prevedono inasprimenti sanzionatori o nuovi reati e su cui il giudizio di merito "è positivo", avranno l'effetto di produrre "un ulteriore carico per il sistema penale, già particolarmente gravato e in evidente crisi di effettività" e per le carceri, "ormai allo stremo, avendo superato le 62mila presenze giornaliere". 10 giugno 2009(ultima modifica: 11 giugno 2009)
romani, viceministro alle comunicazioni: "nessuna imposizione dal governo" Intercettazioni, appello a Napolitano delle opposizioni: "La misura è colma" Pd, Idv e Udc scrivono al presidente: "Il voto di fiducia impedisce la libera espressione dei parlamentari"
Manifestazione a Montecitorio contro il ddl sulle intercettazioni (Fotogramma) Manifestazione a Montecitorio contro il ddl sulle intercettazioni (Fotogramma) ROMA - "La misura è colma". Pd, Idv e Udc scrivono al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per esprimere il proprio disagio contro il ddl intercettazioni e contro "questo modo di legiferare della maggioranza, che di fatto è diventato un mercato delle vacche" tra Lega e Pdl. Il voto di fiducia posto sul provvedimento "ha come unico obiettivo quello di impedire che ci possa essere una libera espressione da parte dei parlamentari della maggioranza su questo ddl", spiegano in conferenza stampa congiunta il capogruppo del Pd Antonello Soro, il presidente dei deputati dell'Idv Massimo Donadi e il vice capogruppo dell'Udc Michele Vietti. BAVAGLIO ALLA STAMPA - Il governo, attacca Donadi, vuole mettere "un bavaglio alla stampa e negare ai cittadini il diritto di conoscere e quindi di essere informati". "L'Udc è molto gelosa della sua specificità di opposizione - precisa Vietti -, ma stavolta la situazione è tale che occorre un'azione congiunta per far capire ai cittadini quanto la situazione stia diventando pericolosa. E noi chiediamo a Napolitano di valutarla bene questa situazione per capire se non ci sia un rischio per gli equilibri costituzionali". "NESSUNA IMPOSIZIONE" - Dalla maggioranza arriva la replica di Paolo Romani, viceministro alle Comunicazioni: "È errato parlare di un’imposizione del governo al Parlamento: il ricorso alla fiducia e il fatto che del testo in materia di intercettazioni se ne parli da troppo tempo ha portato a renderlo finalmente legge. Il testo è stato largamente modificato rispetto a quello iniziale anche e soprattutto con il contributo dell’opposizione. Ciò che si vuole impedire è la pubblicazione delle intercettazioni. La sintesi rispetto alle informazioni che portano sino al processo sarà consentita, anche se prima non lo era". 10 giugno 2009
Non recepite le modifiche chieste dal procuratore nazionale antimafia Intercettazioni: il governo pone la fiducia Lodo Alfano: boccciata la mozione Pd per l'abrogazione dell'immunità per le 4 più alte cariche dello Stato Angelino Alfano (Epa) Angelino Alfano (Epa) ROMA - "C’è l’accordo di maggioranza sul testo e il governo porrà la questione di fiducia sul disegno di legge sulle intercettazioni". Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al termine della riunione con i ministri Maroni, Vito e Calderoli, i presidenti dei deputati di Pdl e Lega, il presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, e l'on. Niccolò Ghedini, avvocato di Berlusconi e componente della stessa commissione. Nel maxiemendamento su cui il governo ha posto la fiducia non sono state recepite le modifiche chieste dal procuratore nazionale antomafia, Piero Grasso. "Il testo è quello uscito dalla commissione Giustizia con un solo chiarimento tecnico", ha spiegato Ghedini. Mercoledì alle 16 avranno inizio le dichiarazioni di voto, alle 17,10 inizierà la votazione. Prevista venerdì la votazione finale sul provvedimento, che dovrà poi passare al Senato. LODO ALFANO - Nel frettempo la Camera ha bocciato la mozione del Partito democratico, presentata dal segretario Dario Franceschini, che chiedeva al governo di abrogare il lodo Alfano. L'Idv ha chiesto e ottenuto il voto separato delle tre parti di cui si componeva il dispositivo. Il primo conteneva la richiesta di cancellare la norma che garantisce l'immunità per le quattro più alte cariche dello Stato fin quando restano in carica. Nella mozione Franceschini chiedeva all’esecutivo di "sollecitare e favorire un confronto tra maggioranza e opposizione per discutere immediatamente la riforma della II parte della Costituzione" che riproduca la bozza Violante approvata dalla commissione affari Costituzionali di Montecitorio nella scorsa legislatura. 09 giugno 2009(ultima modifica: 10 giugno 2009)
Secondo i consiglieri alcune norme ledono i diritti degli immigrati Csm: il ddl sicurezza paralizza la giustizia Parere della Sesta Commissione: il reato di clandestinità avrà pesanti ripercussioni sull'attività dei magistrati * NOTIZIE CORRELATE * Ddl sicurezza, via libera alla Camera (15 maggio 2009) ROMA - Lesione dei diritti e rischio paralisi per la giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura, per bocca della Sesta Commissione, mette nero su bianco la propria opinione sul pacchetto sicurezza del governo. Il documento, approvato all'unanimità, viene discusso oggi dal plenum di Palazzo dei Marescialli. In particolare il Csm punta l'indice contro la norma secondo cui per la dichiarazione di nascita è necessaria l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del genitore. "È in contrasto con il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza - si legge - da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita", sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo ratificata dall'Italia. Si determina così "una iniqua condizione" del figlio di stranieri irregolari, che verrebbe non solo "privato della propria identità" ma che "potrebbe essere più facilmente esposto" ad adozioni illegali attraverso "falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge". OBBLIGO DI DENUNCIA - Quanto ai clandestini adulti, i consiglieri mettono in evidenza la lesione del diritto alla salute, e di altri beni fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ci sarà "un'inevitabile incidenza negativa del nuovo reato di clandestinità" sull'"accesso a servizi pubblici essenziali" che riguardano beni fondamentali come il diritto alla salute da parte degli immigrati non dotati di valido titolo di soggiorno. È questo perché proprio in forza del codice di procedura penale "tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di denuncia in relazione alla cognizione funzionale di un reato procedibile d'ufficio". Senza deroghe a questo obbligo "il rischio concreto è che si possano creare circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche". PARALISI DELLA GIUSTIZIA - Inoltre, avverte il Csm, l'introduzione del reato di clandestinità comporterà la "totale paralisi di molti uffici giudiziari". Oltretutto, sottolineano i consiglieri, la nuova norma "non appare idonea a conseguire l'intento di evitare nel nostro Paese la circolazione di stranieri entrati irregolarmente". Le conseguenze peggiori saranno per i giudici di pace: saranno "gravati da centinaia di migliaia di nuovi processi, tali da determinare la paralisi di molti uffici". Ma problemi si avranno anche per gli "uffici giudiziari ordinari impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive". I consiglieri dubitano inoltre dell'"effetto deterrente" della norma: "Una contravvenzione punita con pena pecuniaria non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate; senza dire che già la normativa vigente consente alle autorità amministrative competenti di disporre l'immediata espulsione dei clandestini"; uno strumento su cui pesano "non già carenze normative ma difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo". Ma non sarà solo il reato di clandestinità a pesare sugli uffici giudiziari: anche le diverse norme del pacchetto che prevedono inasprimenti sanzionatori o nuovi reati e su cui il giudizio di merito "è positivo", avranno l'effetto di produrre "un ulteriore carico per il sistema penale, già particolarmente gravato e in evidente crisi di effettività" e per le carceri, "ormai allo stremo, avendo superato le 62mila presenze giornaliere". 10 giugno 2009 |
REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2009-06-12 Intercettazioni, ecco come la riforma toglie spazio ai pm e limita la stampa Da Lady Asl agli immobiliaristi: l'obbligo di indizi "evidenti" impedirebbe molti controlli Tangenti, "furbetti" e Calciopoli le verità che non avremmo saputo Tangenti, "furbetti" e Calciopoli le verità che non avremmo saputo Luciano Moggi ROMA - Gli orrori della clinica Santa Rita di Milano? Sarebbero rimasti ben segreti. Le partite truccate di Calciopoli? Avrebbero continuato a essere giocate. L'odioso stupro della Caffarella? Gli autori sarebbero ancora liberi. Il sequestro dell'imam Abu Omar? I pm di Milano non l'avrebbero mai scoperto. E gli agenti del Sismi che collaborarono con la Cia non avrebbero mai lasciata impressa sul nastro la fatidica frase "quell'operazione è stata illegale". Lady Asl e la truffa della sanità nel Lazio? La cupola degli amministratori regionali avrebbe continuato ad operare indisturbata. I furbetti del quartierino? Per le scalate Antonveneta e Bnl forse non ci sarebbero stati gli "evidenti indizi di colpevolezza" per mettere i telefoni sotto controllo. A rischio le inchieste potentine di Henry John Woodcock, Vallettopoli, Savoiopoli, affaire Total, tangenti Inail, dove i nastri hanno continuato a girare per otto-nove mesi prima di produrre prove, e quelle calabresi (Poseidone, Toghe lucane, Why not) dell'ormai deputato europeo Luigi De Magistris. Una moria impressionante, in cui cadono processi famosi e meno famosi, in cui le indagini sulla mafia sono messe a rischio perché non si potrà più mettere sotto controllo telefoni per truffa ed estorsione. Si salva Parmalat dove, come assicurano i pm di Milano e di Parma, le intercettazioni non furono determinanti né per arrestare Calisto Tanzi in quel dicembre 2003, né per accertare ragioni e colpevoli del crack. Ha detto e continua a dire l'Anm con una frase ad effetto, "è la morte della giustizia penale in Italia". Nelle stesse ore in cui alla Camera, con il concorso dell'opposizione nonostante l'appello del giorno prima a Napolitano di Pd, Idv, Udc, si approva la legge sugli ascolti, nelle procure italiane, tra lo sconcerto e l'irritazione delle toghe, si fanno i conti delle intercettazioni che non si potranno più fare in futuro e di quelle che, in un passato recente, non sarebbero mai state possibili. E, anche se fossero state fatte, non si sarebbero mai potute pubblicare, né nella versione integrale, né tantomeno per riassunto. Le indagini cadono su due punti chiave della legge: "evidenti indizi di colpevolezza" per ottenere un nastro, solo 60 giorni per registrare. Così schiatta l'indagine sulla clinica Santa Rita che parte con una truffa ai danni dello Stato per via dei rimborsi gonfiati e finisce per rivelare che si operava anche quando non era necessario. Non solo sarebbero mancati gli "evidenti indizi" (se ci fossero stati i pm Pradella e Siciliano avrebbero proceduto con gli arresti), ma non si sarebbe andati avanti per undici mesi, dal 4 luglio 2007 al 24 giugno 2008. Giusto a metà, era settembre, ecco le prime allusioni a un reparto dove accadevano "fatti gravi". Niente ascolti, niente testi sui giornali, niente versione integrale letta al processo, niente clinica costretta a cambiare nome per la vergogna. Cambia corso il caso Abu Omar, nato come un sequestro di persona semplice contro ignoti. Solo due mesi di tape. Ma la telefonata chiave, quando l'imam libero per una settimana racconta alla moglie la dinamica del sequestro, giunge solo allo scadere dei 12 mesi d'ascolto. In più la signora, in quanto vittima, non avrebbe mai dato l'ok a sentire il suo telefono, come stabilisce la nuova legge. Per un traffico organizzato di rifiuti a Milano, dove arrivava abusivamente anche la monnezza della Campania, hanno fatto 1.500 intercettazioni per sei mesi. Solo dopo i primi due s'è scoperto cosa arrivava dal Sud. In futuro impossibile. Come gli accertamenti che fanno scoprire i mafiosi. A Palermo hanno intercettato l'imprenditore Benedetto Valenza per quattro mesi: dalla truffa e dalla frode nelle pubbliche forniture sono arrivati a scoprire che riciclava i soldi del clan Vitale e forniva cemento depotenziato pure agli aeroporti di Birgi e Punta Raisi. Idem per l'inchiesta contro gli amministratori di Canicattì e Comitini che inizia per abuso d'ufficio e corruzione e approda a un maxi processo contro le cosche di Agrigento. Telefoni sotto controllo per sei mesi, ormai niente da fare. "La gente sarà meno sicura" dicono i magistrati. E citano lo stupro della Caffarella d'inizio anno. Due arresti sbagliati (i rumeni Ractz e Loyos), il vanto di aver fatto tutto "senza intercettazioni", poi il ricorso all'ascolto sul telefono rubato alla vittima. Domani impossibile perché in un delitto contro ignoti si può intercettare solo il numero "nella disponibilità della persona offesa". Assurdo? Contraddittorio? Sì, ma ormai è legge. (12 giugno 2009)
SCHEDA Intercettazioni, il giro di vite su stampa e pm ROMA - Dopo il voto di fiducia, la Camera ha dato oggi il via libera al testo del governo sulle intercettazioni. Il provvedimento, che ora passa all'esame del Senato, modifica in senso molto restrittivo la disciplina vigente. Reati che si possono intercettare. Tutti quelli previsti dal codice di procedura penale, per cui sono stabilite pene oltre i 5 anni. (Dai delitti contro la pubblica amministrazione al contrabbando, all'ingiuria alle molestie, all'usura, all'abusiva attività finanziaria) Evidenti indizi di colpevolezza. Le intercettazioni sono autorizzate quando vi sono evidenti indizi di colpevolezza e gli 'ascolti' sono assolutamente indispensabili alla prosecuzione delle indagini, sulla base di elementi emersi nel corso dell'inchiesta che devono essere espressamente indicati e che non devono essere limitati al solo contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate nello stesso procedimento. L'autorizzazione ad intercettare deve essere chiesta al tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente. La decisione viene presa in composizione collegiale. Durata e limiti di tempo. Le operazioni di intercettazione hanno una durata, anche non continuativa, di 30 giorni. Il pm deve dare immediata comunicazione della sospensione o della ripresa delle operazioni. E' possibile una proroga degli ascolti per un tempo, anche non continuativo, di 15 giorni, cui può seguirne un'altra di uguale durata ma, in questo caso, solo se sono emersi nuovi elementi. Mafia e terrorismo. In questo caso per procedere alle intercettazioni bastano i "sufficienti" indizi di reato. La durata "non può superare i 40 giorni, ma potrà essere prorogata per periodi successivi di venti giorni qualora permangano gli stessi presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari". Nei casi di urgenza alla proroga provvede direttamente il pm. Intercettazioni ambientali: L'ascolto sarà possibile solo nei luoghi in cui vi è motivo di ritenere che si sta compiendo un'attività criminosa. Nei procedimenti di mafia e terrorismo l'ascolto delle comunicazioni fra presenti è consentito anche se non vi è motivo di ritenere che si stia svolgendo l'attività criminosa. Cronaca giudiziaria. E' vietato pubblicare, anche in modo parziale o per riassunto, le intercettazioni fino alla conclusione delle indagini preliminari. Anche se è già caduto il segreto istruttorio. Le richieste e le ordinanze di custodia cautelare potranno essere pubblicate nel contenuto solo dopo che difensore e indagato sono venuti a conoscenza delle decisione del giudice. Non possono però essere pubblicate le intercettazioni riportate nell'ordinanza di custodia cautelare. Sanzioni per giornalisti ed editori. Multe salate per gli editori che violano il divieto di pubblicazione. Per i giornalisti previsto, in caso di violazione, l'arresto fino a 30 giorni o l'ammenda fino a 10mila euro se si tratta di intercettazioni. Pm senza nomi e volto. Stop alla pubblicazione e alla diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati in relazione ai processi che vengono loro affidati. Il pm che rilascia pubblicamente dichiarazioni sul procedimento che gli è stato ffidato ha l'obbligo di astenersi. Se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d'ufficio deve essere sostituito. Indagini contro ignoti. Le intercettazioni potranno essere effettuate se richieste dalla parte offesa, unicamente sulle sue utenze. E' sempre consentita l'acquisizione dei tabulati telefonici per identificare i presenti sul luogo del reato o nelle vicinanze. Archivio "riservato". Un archivio presso la procura custodirà le telefonate e i verbali. Ai procuratori generali presso le corti di appello e ai procuratori della Repubblica competenti per territorio il potere di gestione e controllo dei centri di intercettazione e di ascolto. Procedimenti diversi. Le intercettazioni non potranno essere utilizzate in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte. Questa regola non vale per mafia e terrorismo. Stop alla pubblicazione delle intercettazioni da distruggere. E' sempre vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, delle intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione e delle intercettazioni dei terzi, estranei al procedimento. Prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni per chi pubblica anche per riassunto o in parte il contenuto di queste conversazioni. Il provvedimento introduce un'udienza stralcio per stabilire quali sono le intercettazioni da espungere dal procedimento. Intercettazioni e utenze degli "007". Diventa di fatto più complesso intercettare le utenze degli '007': in questo caso, la magistratura dovrà informare entro cinque giorni il Presidente del Consiglio dei Ministri che dovrà accertare se sussista il segreto di Stato. Si potrà procedere solo se entro 30 giorni dalla richiesta il presidente del consiglio non abbia opposto il segreto. Non è comunque in ogni caso precluso all'autorità giudiziaria di procedere - si legge nel testo - in base ad elementi autonomi ed indipendenti dalle informazioni coperte dal segreto. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del presidente del consiglio dei ministri, se questo viene risolto nel senso dell'insussistenza del segreto, non può più opporlo in riferimento al medesimo oggetto. Chi rivela notizie su atti o documenti coperti dal segreto relativi ad un procedimento penale viene punito con la reclusione da uno a cinque anni. Pena aumentata, si legge ancora nel nuovo testo del governo, se il fatto riguarda comunicazioni di servizio di appartenenti ai servizi. Tabulati "urgenti". Il pubblico ministero potrà chiedere anche i tabulati telefonici, quando vi siano casi d'urgenza. Quando, cioè, vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini. . Lo potrà fare per tutti i reati previsti dall'articolo 266 del codice di procedura penale con un decreto motivato e non successivamente modificabile, da comunicare al tribunale entro ventiquattro ore. Il tribunale dovrà, a sua volta, decidere entro 48 ore dal provvedimento se convalidare o meno la richiesta. In caso di mancata convalida, l'acquisizione dei dati non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati. Omesso controllo. In caso di fuga di notizia, il magistrato o il pubblico ufficiale responsabili di non avere vigilato sono passibili di una ammenda che va dai 500 ai 1032 euro. Tetto alle spese. Con decreto del ministro della Giustizia, sentito il Csm, viene stabilito ogni anno lo stanziamento massimo di spesa per le operazioni di intercettazione, che viene diviso per ogni distretto di corte d'appello. Al procuratore generale della corte d'appello la ripartizione dello stanziamento tra singole procure. Il limite di spesa può essere derogato su richiesta, per comprovate sopravvenute esigenze investigative. (11 giugno 2009)
l gesto in polemica con le parole pronunciate dal ministro Alfano che in un'intervista aveva parlato di nomine lottizzate e di spartizione sistematica Csm, si dimettono tre consiglieri "Alfano ci ha accusato di reati" Giuseppe Maria Berruti, Ezio Maccora e Vincenzo Siniscalchi sono stati presidenti della Commissione per gli incarichi direttivi Csm, si dimettono tre consiglieri "Alfano ci ha accusato di reati" Angelino Alfano ROMA - Tre consiglieri del Csm hanno presentato al Comitato di presidenza, affinché le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista andata in onda ieri al Tg2, ha parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè di una spartizione sistematica. Nella lettera, a quanto si apprende, i consiglieri Giuseppe Maria Berruti (Unicost), Ezia Maccora (MD) e Vincenzo Siniscalchi (laico del Pd) esprimono "grande sconcerto e amarezza", "disagio" per il livello dello scontro tra magistratura e politica, visto che il ministro li ha accusati di "condotte illecite". Che peraltro sarebbero state messe in atto in modo "sistematico", attraverso una "spartizione delle nomine". Accuse che vengono reputate come un fatto di assoluta gravità. L'intervista alla quale i megistrati fanno riferimento è andata in onda ieri sera all'interno della rubrica del Tg2 Punto di vista. Alfano aveva detto: "Mi sto battendo per evitare che i vertici degli uffici giudiziari, e cioè i procuratori e i presidenti di Tribunale, vengano lottizzati". Il ministro aveva spiegato: "Non è possibile che si faccia un planning all'interno del quale si dica: a questa corrente spetta questa Procura, a quest'altra corrente, siccome non ha avuto un procuratore, spettano due procuratori aggiunti da un'altra parte. Questi - aveva sottolineato il ministro della Giustizia - sono meccanismi che ormai sono rifiutati anche in politica". Secondo Alfano, "a guidare le procure devono andare i migliori, senza bisogno di controllare, prima di mandarli a guidare un ufficio giudiziario, qual è lo spillino della corrente che hanno affisso sulla giacca". Le parole pronunciate dal Guardasigilli sono state giudicate inaccettabili dai tre consiglieri. I quali, in quanto presidenti, sono i garanti della regolarità dei lavori della Commissione. E le affermazioni sono state considerate tanto più gravi, visto che provengono dal ministro della Giustizia. Parole che bruciano anche perché "si tratta di accuse rivolte in tv dal ministro, arrivate in tutte le case degli italiani, - si commenta da Palazzo dei Marescialli - dopo tre anni di lavoro in cui abbiamo puntato su attitudini e merito, nominando procuratori la cui professionalità è indiscussa". Senza dimenticare, sottolinea un consigliere, che sulle nomine dei capi degli uffici "il ministro dà il suo concerto, e fino ad oggi non lo ha mai negato ai candidati che abbiamo proposto". (11 giugno 2009)
In poche ore piovono decine di migliaia di adesioni. C'è quella di Saviano Si schierano Cofferati, Guido Rossi, Ghini, Favino e il nobel Dario Fo Intercettazioni, oltre 90 mila firme per l'appello di Repubblica L'autore di "Gomorra": "Si cancella un importante strumento per la ricerca della verità" Intercettazioni, oltre 90 mila firme per l'appello di Repubblica Roberto Saviano * Multimedia * AUDIO Le adesioni ROMA - Oltre 90mila adesioni in poche ore. Novantamila cittadini che ci mettono la faccia con nome, cognome, città e professione per affermare che il disegno di legge sulle intercettazioni approvato oggi alla Camera "è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini". Cittadini qualsiasi e, insieme, intellettuali, magistrati, politici, uomini e donne di spettacolo. A cominciare da Roberto Saviano. L'autore di Gomorra ha detto: "Sulle intercettazioni ci vuole più rigore, da parte di tutti, procure e giornalisti. Questo è certo. Ma quello che sta avvendendo con questa legge è rischiosissimo. Così si cancella un importante strumento per la ricerca della verità". FIRMA L'APPELLO DI REPUBBLICA.IT L'appello di Repubblica ha un titolo che pone due questioni di pura democrazia: "I giornali hanno il dovere di informare, i cittadini hanno il diritto di sapere". Qualcosa che, con l'entrata in vigore della legge, diventerà più difficile, a volte quasi impossibile. Anche per questo le adesioni crescono rapidamente. Firmano il professore Stefano Rodotà, il presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti Alessandro Pace, il giurista milanese Guido Rossi e l'avvocato e docente di Diritto penale, Carlo Federico Grosso, il quale spiega: "Questa legge costituisce una gravissima violazione della libertà di stampa e del diritto-dovere di informare i cittadini su ciò che accade nel corso delle indagini preliminari. Sotto questo profilo è a mio avviso illegittima dal punto di vista costituzionale". E aggiunge che "la pesante sanzione pecuniaria prevista a carico delle società editrici di giornali rischia di determinare un arbitrario controllo della proprietà sulla linea del giornale. Il che di nuovo lede la libertà dei giornalisti". Aderiscono anche la giurista e scrittrice Eva Cantarella, i filosofi Salvatore Veca e Remo Bodei, l'architetto Gae Aulenti e gli editori Giuseppe e Alessandro Laterza e Carlo e Inge Feltrinelli. Molto netto l'intervento che accompagna l'adesione del premio Nobel Dario Fo: la legge è "un atto di violenza indegna compiuto da Berlusconi in persona contro la nazione, perché permetterà a criminali di non essere individuati, solo per accontentare gli interessi e i bisogni del premier. Tanto vale fare sette leggi ad personam solo per Berlusconi: che valgano solo per lui, e non per il resto del Paese", aggiunge Fo. Tra gli scrittori, ecco i nomi di Claudio Magris, Antonio Tabucchi, Andrea Camilleri, Vincenzo Cerami, Margaret Mazzantini, Domenico Starnone, Sandro Veronesi, Ernesto Ferrero, Giancarlo De Cataldo, Silvia Ballestra e Gianrico Carofiglio. E si aggiungono i nomi dell'ex sindaco di Bologna Sergio Cofferati (fresco parlamentare europeo), del sindaco di Genova, Marta Vincenzi, dei governatori di Liguria ed Emilia Romagna, Claudio Burlando e Vasco Errani. Dal mondo dello spettacolo aderiscono i registi Mario Monicelli, Nanni Moretti, Carlo Lizzani, Francesca Comencini, Paolo Sorrentino, Mimmo Calopresti, Silvio Soldini, Daniele Luchetti, Davide Ferrario, Marco Risi, Maurizio Nichetti e Riccardo Milani; gli attori Pierfrancesco Favino, Franca Rame, Massimo Ghini, Isabella Ferrari, Fabrizio Gifuni, Moni Ovadia, Corrado e Sabina Guzzanti, Patrizio Roversi; il produttore Domenico Procacci, il giornalista Alessandro Cecchi Paone, la conduttrice Serena Dandini, il musicista Mauro Pagani, i cantanti Ivano Fossati, Vinicio Capossela, Piero Pelù e Andrea Mingardi e interi gruppi come gli Skiantos, i Modena City Ramblers, gli Africa Unite e molti altri. L'attore Leo Gullotta firma e aggiunge una considerazione: "E' l'ennesima prova che viviamo in un paese dove la libertà di tutti è in pericolo, un segnale gravissimo, uno schiaffo alla democrazia", E arriva l'adesione di don Andrea Gallo, quella di Daria Bonfietti, senatrice e presidente dell'Associazione delle vittime della strage di Ustica, dell'ex procuratore capo di Bologna, Enrico Di Nicola, dei presidenti della Provincia di Milano, Filippo Penati, e di Genova, Alessandro Repetto, del segretario della Cisl di Bologna, Alessandro Alberani. (11 giugno 2009)
2008-06-11 Dalla Camera sì alla fiducia sul disegno di legge. Pd, Udc e Idv insieme scrivono al Colle La replica del ministro Alfano: "Iniziativa immotivata, falsa e ipocrita" Intercettazioni, appello a Napolitano L'Anm: "Così muore la giustizia penale" Durissimo attacco dell'associazione magistrati: "E' come chiederci di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo disarmati e con un braccio legato" Intercettazioni, appello a Napolitano L'Anm: "Così muore la giustizia penale" Giorgio Napolitano ROMA - La Camera dice sì alla fiducia al ddl intercettazioni: 325 i favorevoli, 246 i contrari, due gli astenuti. Ma intanto è scontro con l'opposizione che, unita, scrive al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Pd, Udc e Idv insieme contestano sia il ricorso al voto di fiducia, sia i contenuti del provvedimento. a ancora più duro è l'attacco al disegno di legge che arriva dall'associazione nazionale magistrati: così, avvertono i giudici, "muore la giustizia penale". Il voto di domani. La presidenza della Camera sarebbe orientata, secondo quanto si apprende, a concedere il voto segreto sul ddl, nel caso che l'opposizione glielo chieda. E l'opposizione sembra sia intenzionata a chiederlo. Il voto finale è previsto per domani alle dopo le 15, cioè subito dopo l'esame degli ordini del giorno presentati dal centrosinistra. La lettera a Napolitano. "Confidiamo, signor presidente - si legge nella missiva firmata dal capogruppo del Pd, Antonello Soro, dal vicepresidente dei deputati Udc, Michele Vietti, e dal capogruppo Idv, Massimo Donadi - nel suo intervento, nelle forme che riterrà opportune, per restituire pienezza di contenuti democratici al dibattito parlamentare sulle leggi". Il "dubbio legittimo è che il governo usi impropriamente l'istituto della fiducia come strumento di controllo della propria 'amplissima maggioranza'", denunciano i ancora i rappresentanti dell'opposizione. La replica del ministro. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano definisce l'appello delle opposizioni al Colle "immotivato" da un lato, "falso e ipocrita" dall'altro. Immotivato "perchè il ricorso alla fiducia è uno strumento previsto nel nostro ordinamento, e ha il doppio valore di un consenso sul provvedimento e sull'operato del governo". Ipocrita è c"hi sostiene che non c'è stato tempo per studiare il testo. E' alla Camera da un anno, e anzi direi che è stato un parto complesso". L'attacco dell'Anm. La riforma delle intercettazioni segna nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia": questa la dura presa di posizione dell'associazione, contro norme che "rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". E "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". In pratica, prosegue l'Anm, è come se governo e Parlamento chiedessero "alle forze dell'ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". L'allarme sulla mafia. "Per la riconoscibilità dell'associazione mafiosa, le intercettazioni sono importanti. Bisogna stare attenti a dire 'ma tanto per le indagini sulla mafia rimangono', perché a volte si risale all'associazione mafiosa partendo da altri tipi di indagine, da reati minori". Lo dice il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i risultati dell'operazione sulle infiltrazioni camorristiche in Toscana, che ha portato a otto arresti, 18 denunce e sequestri di beni per 20 milioni di euro. Le critiche di editori e giornalisti. ll ddl viola "il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo": è l'opinione della Federazione italiana editori giornali e della Federazione nazionale della stampa italiana, che rivolgono un appello congiunto al Parlamento e alle forze politiche affinchè vengano introdotte nel provvedimento "le correzioni necessarie". (10 giugno 2009)
Intervista al procuratore aggiunto a Milano Spataro: "La legge sulle intercettazioni è incostituzionale e irragionevole" "Sarà impossibile salvare vite umane e tanti omicidi resteranno irrisolti" di LIANA MILELLA "Sarà impossibile salvare vite umane e tanti omicidi resteranno irrisolti" Armando Spataro ROMA - "Incostituzionale" per via della durata breve (solo due mesi), per i privilegi agli 007, per il diritto di cronaca compresso. "Irragionevole" perché "azzera" un fondamentale strumento d'indagine. E pure gravemente colpevole, visto che "gli omicidi irrisolti saliranno incredibilmente di numero e sarà più difficile salvare vite umane". Il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro continua a sfogliare la nuova legge sulle intercettazioni e con Repubblica sconsolato commenta: "Ma come si fa a scrivere una legge così?". Il suo ex collega Di Pietro dice che è cominciata "la notte della Repubblica". Condivide? "Beh, io direi che "la notte continua.." se penso a ciò che, in nome della sicurezza, è stato fatto violando i diritti fondamentali delle persone. Ma ora si rischia di contraddire anche quelle scelte: come si può conciliare con la sicurezza l'azzeramento del più efficace strumento per individuare assassini, rapinatori, stupratori e trafficanti?". L'opposizione si appella a Napolitano e denuncia profili di incostituzionalità. Lei ne vede? "Potrebbero essercene. Ad esempio, limitare gli ascolti a due mesi inciderà sull'obbligatorietà dell'azione penale. Magari, allo scadere dei 60 giorni, arrivano conversazioni importanti, ma l'intercettazione deve fermarsi. Polizia e pm s'arrangino. Il regime privilegiato per gli agenti dei servizi segreti viola il principio d'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Per non parlare della libertà di stampa gravemente compressa, in modo non proporzionale rispetto alla pur giusta esigenza d'impedire violazioni della privacy". Se la legge passa com'è quali delle sue inchieste e di quelle che conosce non si potranno più fare? "Le rispondo solo se Repubblica mi concede due pagine piene. Sarebbe facile citare casi clamorosi come quello del sequestro illegale di Abu Omar. O casi di corruzione. Ma vorrei essere chiaro: sono innumerevoli gli omicidi che vengono risolti dopo mesi e mesi di intercettazioni. Sappiano i cittadini che gli assassini senza volto saliranno incredibilmente di numero e sarà più difficile salvare vite umane come avviene ora quando, intercettando ed indagando, si scoprono progetti di uccidere qualcuno". Gli "evidenti indizi di colpevolezza" saranno una tagliola? "Sì. È irrazionale. "Evidenti indizi di colpevolezza" a carico dell'indagato è quanto la legge richiede perché il pm possa chiederne la cattura. Giuridicamente, "grave" equivale ad "evidente". Ma se dispone già di "evidenti indizi" che bisogno avrebbe il pm di intercettare l'indagato? Ne chiederebbe la cattura e basta. Dopo le critiche dei giuristi, la parola "gravi" è stata cambiata in "evidenti": ma l'incongruenza rimane. E poi come sarà possibile avere indizi di colpevolezza a carico di taluno nei processi contro ignoti?". E quali indagini moriranno con soli due mesi di ascolti? "Praticamente impossibile contarle. Ci sono indagini in corso, tuttora segrete, che hanno fatto registrare risultati clamorosi dopo mesi di intercettazioni. Ora si arriva perfino a prevedere un tetto di spesa. Finiti i soldi, niente intercettazioni, con grande soddisfazione dei criminali. Lo spieghino, però, alle vittime dei reati". Mafia: ha ragione la Bongiorno, convinta che per queste inchieste non cambi nulla, o chi già vede le inchieste in panne? "Stimo molto il presidente della commissione Giustizia e ricordo che condivise i rilievi del procuratore Grasso. Spesso si arriva a scoprire l'esistenza di associazioni mafiose o terroristiche indagando sui reati che mafiosi e terroristi commettono (estorsioni, usura, omicidi per i primi; emigrazione clandestina, falso di banconote e documenti per i secondi). Ma per questi reati le intercettazioni si potranno fare solo per due mesi e le ambientali solo nei luoghi ove sia in corso l'attività criminosa. Cioè posso intercettare se stanno sgozzando qualcuno, non se stanno parlando di farlo domani. Dunque, l'eccezione è solo fumo negli occhi". Divieto d'usare le trascrizioni in altri processi: è un colpo alla legalità? "Chi può negarlo seriamente? L'attuale codice di rito già prevede dei limiti severi sul punto, ma andare oltre significa impedire che siano utilizzabili elementi di prova rilevanti per punire gli autori di molti gravi reati". (11 giugno 2009)
2008-06-10 Ecco il parere della Sesta commissione, pronto a essere sottoposto al plenum Secondo i giudici le nuove norme non aiuteranno nemmeno afrenare gli arrivi illegali Il Csm sul pacchetto sicurezza "Paralizzerà gli uffici giudiziari" I magistrati: il provvedimento viola anche i diritti dei clandestini e dei loro figli Il Csm sul pacchetto sicurezza "Paralizzerà gli uffici giudiziari" Il plenum del Csm ROMA - Comporterà la "totale paralisi" di "molti degli uffici giudiziari" l'introduzione del reato di clandestinità. Ad avvertire delle "pesanti ripercussioni negative" che la novità avrà è la Sesta commissione del Csm, nel parere al pacchetto sicurezza approvato all'unanimità, e che sarà discusso oggi pomeriggio dal plenum. Secondo i consiglieri, la nuova norma "non appare idonea a conseguire l'intento di evitare nel nostro Paese la circolazione di stranieri entrati irregolarmente". E lede anche i diritti dei clandestini e dei loro figli, ad esempio quando viene chiesta per la dichiarazione di nascita l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del genitore. In particolare, sottolinea il Csm, le conseguenze peggiori, sul fronte del rallentamento della giudizia, si avranno per i giudici di pace: saranno "gravati da centinaia di migliaia di nuovi processi, tali da determinare la paralisi di molti uffici". Ma problemi si avranno anche per gli "uffici giudiziari ordinari ,impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive". Il tutto peraltro senza che la norma serva al suo stesso scopo, quello di favorire l'allontanamento dei clandestini. I consiglieri infatti dubitano espressamente del suo "effetto deterrente": "Una contravvenzione punita con pena pecuniaria non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate; senza dire che "già la normativa vigente consente alle autorità amministrative competenti di disporre l'immediata espulsione dei clandestini"; uno strumento su cui pesano "non già carenze normative ma difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo". Ma non sarà solo il reato di clandestinità a pesare sugli uffici giudiziari: anche le diverse norme del pacchetto che prevedono inasprimenti sanzionatori o nuovi reati e su cui il giudizio di merito "è positivo", avranno l'effetto di produrre "un ulteriore carico per il sistema penale, già particolarmente gravato e in evidente crisi di effettività" e per le carceri, "ormai allo stremo, avendo superato le 62mila presenze giornaliere". E poi c'è il problema della lesione dei diritti dei clandestini e dei loro figli operata da alcune delle norme del pacchetto sicurezza, come quella che richiede per la dichiarazione di nascita l'esibizione del permesso di soggiorno da parte del genitore. Norma che secondo i giudici è in contrasto con "il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita" previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, "determinando una iniqua condizione del figlio di genitori stranieri non regolari nel nostro territorio". Con la conseguenza che il neonato non solo "verrebbe privato della propria identità ma potrebbe essere più facilmente esposto ad azioni volte a falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge sull'adozione". Inevitabile, continua il Csm, poi, l'incidenza negativa del nuovo reato in tema di accesso a servizi pubblici essenziali relativi a beni fondamentali tutelati dalla Costituzione - il diritto alla salute, ad esempio - da parte degli immigrati non dotati, o non più dotati, di un valido titolo di soggiorno. I relatori del testo sono Antonio Patrono (Magistratura Indipendente), Mauro Volpi (laico del centrosinistra) e Livio Pepino (Magistratura democratica). (10 giugno 2009)
Il ministro della Giustizia: "Testo della maggioranza". Bocciata mozione contraria di Pd e Idv Ghedini: "Non accettati i suggerimenti del procuratore antimafia Grasso" Intercettazioni, blindato il Lodo Alfano Il governo pone la fiducia sul decreto La votazione domani. In settimana il provvedimento sarà licenziato e passerà al Senato Intercettazioni, blindato il Lodo Alfano Il governo pone la fiducia sul decreto Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ROMA - Il governo ha posto alla Camera la questione di fiducia sul ddl intercettazioni. "Il testo è quello dell'accordo di maggioranza", ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano, al termine di una riunione di maggioranza a Montecitorio. Nella norma in votazione non ci sarà traccia delle modifiche avanzate dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. "Ma quale Grasso..." ha risposto ai giornalisti che domandavano chiarimenti il senatore Niccolò Ghedini, legale del premier. Domani il voto. La votazione sulla fiducia si terrà domani nel tardo pomeriggio, dopo l'illustrazione degli emendamenti e le dichiarazioni di voto. In settimana il voto finale sul provvedimento che dovrà passare al Senato. Il contenuto del ddl. Il pm potrà quindi chiedere di intercettare solo se ci saranno "evidenti indizi di colpevolezza" e solo se saranno "assolutamente indispensabili". Solo nelle indagini di mafia e terrorismo basteranno indizi "sufficienti". Le intercettazioni non potranno essere pubblicate neppure parzialmente fino alla conclusione delle indagini preliminari. E per i giornalisti che violeranno il divieto di pubblicazione sui quotidiani, torna il carcere trasformabile in sanzione pecuniaria. Respinta mozione Pdl-Idv. Prima che il ministro della Giustizia annunciasse che sul ddl della sicurezza sarebbe stata imposta la fiducia, la Camera aveva bocciato la mozione con cui il segretario del Pd Dario Franceschini, insieme all'Idv, chiedevano al governo di abrogare il Lodo Alfano, approvato l'anno scorso, che istituisce lo scudo processuale nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato durante la loro permanenza in carica: presidente della Repubblica, presidente del Senato e della Camera; presidente del Consiglio dei ministri. 260 no, 205 sì. Il dispositivo della mozione Franceschini è stata votato in tre parti separate come richiesto dall'Idv. La sezione in cui si chiedeva l'abrogazione del Lodo Alfano è stata bocciata con 260 no e 205 sì, e l'astensione dei deputati radicali e dell'Udc. La protesta del Pd. Al centro delle critiche l'inopportunità di esaminare con la fiducia un provvedimento su un tema "non tanto urgente quando è in corso la crisi economica". "La fiducia sulle intercettazioni - ha detto il senatore Felice Casson, ex magistrato, capogruppo dei Democratici in commissione Giustizia a palazzo Madama - dimostra che il lupo perde il pelo ma non il vizio, continuando a sacrificare le indagini di polizia e magistratura nonostante i tanti richiami alla necessità di sicurezza". (9 giugno 2009)
La legge del bavaglio di GIUSEPPE D'AVANZO L'agenda delle priorità di Silvio Berlusconi continua ad essere ad personam. Quindi, che la ricreazione continui, con buona pace di Emma Marcegaglia. Sostegno alle imprese e a chi perde il lavoro? Possono attendere. Per la bisogna sono sufficienti, al premier, un paio di bubbole nel tempio di cartapesta di Porta a porta (4 giugno): "Oggi non c'è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C'è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto". Il Cavaliere diventa meno fantasioso quando si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono) e paventa le cronache come il diavolo l'acqua santa. Si muove con molta concretezza, in questi casi. Prima notizia post-elettorale, dunque: il governo impone la fiducia alla Camera e oggi sarà legge il disegno che diminuisce l'efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato. Con buona pace (anche qui) della sicurezza dei cittadini di un Paese che forma il 10 per cento del prodotto interno lordo nelle pieghe del crimine, le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite. L'ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali e nuovi carichi di lavoro diventeranno sabbia in un motore già arrugginito avvicinando la machina iustitiae al limite di saturazione che decreta l'impossibilità di celebrare il processo, un processo (appare sempre di più questo il cinico obiettivo "riformatore" del governo). Ancora. Soffocare in sessanta giorni il limite temporale degli ascolti (un'ulteriore stretta: si era parlato di tre mesi) "vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell'ordine e degli uffici di procura", come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura. Sistemata in questo modo l'attività d'indagine, il lavoro non poteva dirsi finito se anche l'informazione, il diritto/dovere di cronaca, non avesse pagato il suo prezzo. Con un tratto di penna la nuova legge estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto "fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Prima di questo limite "sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto". Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci. Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società. È vero, in alcuni casi l'ostinazione a raccontare le opacità del potere ha convinto il giornalismo ad andare oltre i confini del codice penale violando il segreto. È il suo mestiere, in fondo, perché la libertà di stampa è nata nell'interesse dei governati e non dei governanti e quindi non c'è nessuna ragione decorosa per non pubblicare documenti che raccontano alla pubblica opinione - ricordate un governatore della Banca d'Italia? - come un'autorità di vigilanza protegge (o non protegge) il risparmio e il mercato. Naturalmente violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale, significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa. I cronisti che violeranno la consegna del silenzio saranno sospesi per tre mesi dall'Ordine dei giornalisti (sarà questa la vera punizione) e subiranno una condanna penale da sei mesi a tre anni di carcere (che potrà trasformarsi in sanzione pecuniaria, però). Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente? La trovata del governo che cambia radicalmente le regole del gioco è un'altra. È la punizione economica inflitta all'editore che, per ogni "omesso controllo", potrà subire una sanzione pecuniaria (incarognita nell'ultimo testo) da 64.500 a 465mila euro. Come dire che a chi non tiene la bocca cucita su quel che sa - e che i lettori dovrebbero sapere - costerà milioni di euro all'anno la violazione della "consegna del silenzio", cifre ragguardevoli e, in molti casi, insostenibili per un settore che non è in buona salute. L'innovazione legislativa - l'abbiamo già scritto - sposta in modo subdolo e decisivo la linea del conflitto. Era esterna e impegnava alla luce del sole la redazione, l'autorità giudiziaria, i lettori. Diventa interna e vede a confronto, in una stanza chiusa, le redazioni e le proprietà editoriali. La trovata trasferisce il conflitto nel giornale. L'editore ha ora un suo interesse autonomo a far sì che il giornale non pubblichi più quelle cronache. Si portano così le proprietà a intervenire direttamente nei contenuti del lavoro redazionale. Le si sollecita, volente o nolente, a occuparsi della materia informativa vera e propria, sindacando gli atti dei giornalisti. Il governo, nel progetto inviato al Parlamento, pretende addirittura che l'editore debba adottare "misure idonee a favorire lo svolgimento dell'attività giornalistica nel rispetto della legge e a scoprire ed a eliminare tempestivamente situazioni di rischio". È evidente che solo attraverso un controllo continuativo e molto interno dell'attività giornalistica è possibile "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio". Di fatto, l'editore viene invitato a entrare nel lavoro giornalistico e a esprimere un sindacato a propria tutela. Ecco dunque i frutti intossicati della legge che oggi sarà approvata, senza alcuna discussione, a Montecitorio: la magistratura avrà meno strumenti per proteggere il Paese dal crimine e gli individui dall'insicurezza quotidiana; si castigano i giornalisti che non tengono il becco chiuso anche se sanno come vanno le cose; si punisce l'editore spingendolo a mettere le mani nella fattura del giornale. E quel che conta di più, voi - cari lettori - non conoscerete più (se non a babbo morto) le storie che spiegano il Paese, i comportamenti degli uomini che lo governano, i dispositivi che decidono delle vostre stesse vite. Sono le nuove regole di una "ricreazione" che non finisce mai. (10 giugno 2009) |
L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2009-06-12 Intercettazioni, l'appello dei magistrati "Mi riservo di esaminare il testo approvato e di seguire l'iter che avrà in Parlamento, per prendere poi le decisioni che mi competono. Certo, ci sono molte cose da difendere e molte cose da rinnovare". Con queste parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha commentato l'approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni. Intanto, ieri tre consiglieri del Csm hanno presentato al Comitato di presidenza, perchè le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista andata in onda ieri al Tg2, ha parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè di una spartizione sistematica. Nella lettera, a quanto si è appreso, i consiglieri Giuseppe Maria Berruti, Ezia Maccora e Vincenzo Siniscalchi esprimono allarme per il livello dello scontro tra magistratura e politica, visto che il ministro li ha accusati di condotte illecite. L'intervista che ha provocato le dimissioni dei tre consiglieri è andata in onda ieri sera nella rubrica "Punto di vista" del Tg2. "Mi sto battendo per evitare che i vertici degli uffici giudiziari , e cioè i procuratori e i presidenti di Tribunale vengano lottizzati - ha detto il ministro - Cioè non è possibile che si faccia un planning , all'interno del quale si dica : a questa corrente spetta questa procura, a quest'altra corrente , siccome non ha avuto un procuratore, spettano due procuratori aggiunti da un'altra parte.Questi sono meccanismi che orami sono rifiutati anche in politica. Penso che invece a guidare le procure debbano andare i migliori, senza bisogno di controllare prima di mandarli a guidare un ufficio giudiziario qual è lo spillino della corrente che hanno affisso sulla giacca". Accuse ritenute inaccettabili dai tre consiglieri, che in quanto presidenti, sono i garanti della regolarità dei lavori della Commissione ; e tanto più gravi, visto che provengono dal ministro della Giustizia. Quelle parole bruciano anche perchè "da tre anni il Csm- dice un loro collega- è impegnato in silenzio nell'applicazione della riforma dell'ordinamento giudiziario e dunque delle nuove regole che hanno mandato in cantina l'anzianità per prediligere merito e attitudini nella scelta dei dirigenti degli uffici giudiziari". La Camera, nel frattempo, dice sì al ddl sulle intercettazioni, dopo che il governo ha ottenuto la fiducia. I sì sono stati 318, 224 i no, un solo astenuto. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. La votazione finale si è tenuta a scrutinio segreto come ha indicato il presidente della Camera Gianfranco Fini, spiegando che la richiesta è stata avanzata dal gruppo del Pd. A tutta la seduta ha presenziato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, seduto accanto al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Il ministro si è detto soddisfatto. "Abbiamo preso 20 in più dei nostri. Il voto segreto ci ha premiato, visto che nel computo dei voti a favore ci sono 20 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. Significa che circa il 20% dell’opposizione condivide le nostre tesi". "Ora chiederemo una rapida lettura da parte del Senato - ha aggiunto Alfano -. Crediamo di aver prodotto un testo che dopo un anno di lavoro ha raggiunto un punto di equilibrio ragguardevole tra la tutela della privacy e delle indagini, l'articolo 15 e l'articolo 21 della Costituzione". In aula ci sono state delle proetste. Dai banchi dell'Italia dei Valori tuona la protesta, con cartelli come: "Libertà di informazione cancellata", "È morta la libertà di informazione uccisa dall'arroganza del potere", "Pdl: protegge i delinquenti e ladri". Immediato l'intervento dei commessi per tentare di bloccare i deputati che protestavano, mentre il presidente Fini dichiarava sospesa la seduta. Dai banchi del centrodestra si è levato un coro: "Buffoni, buffoni!". Un "testa vuota" era volato già prima in aula, questa volta però gridato dai banchi della Lega durante l'intervento del capogruppo Idv Massimo Donadi, che anche oggi ha usato parole di fuoco per bocciare il disegno di legge. "Con questo ddl la scelta proposta è tra la protezione della privacy di pochi e quella della sicurezza di tutti: noi scegliamo la seconda opzione e votiamo no". Lo ha detto nell'Aula della Camera Paolo Gentiloni (Pd) nella sua dichiarazione di voto sul ddl intercettazioni. "Con questo testo - spiega - c'è la rinuncia sostanziale allo strumento più efficace per fare indagini. Non si potranno usare le intercettazioni quando servono e si potranno usare quando non serviranno. Quanti trafficanti, assassini e pedofili resteranno a piede libero dopo questo voto? Da ora sarà più difficile salvare vite umane, ed il Paese abbassa la guardia in materia di sicurezza". "E questo - puntualizza Gentiloni - solo per garantire la privacy degli inquilini delle stanze del potere e anche delle stanze di qualche villa". 12 giugno 2009
Anm: "È la morte del diritto penale" La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia". A insorgere contro le nuove norme è l'Associazione nazionale magistrati, che parla di scelte legislative "che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". In particolare, le norme sulle intercettazioni "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". In sostanza è come se"Governo e Parlamento chiedono alle forze dell' ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". Sarebbe allora "più serio e coerente - sostiene la giunta dell'Anm - assumersi la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile". I magistrati si dicono "sgomenti" che il Parlamento compia queste scelte proprio "in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è evocata come priorità del Paese". E spiegano con esempi concreti la "gravità delle conseguenze" delle nuove norme: "gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla Bnl: in nessuno di questi casi con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli". "È semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato. Ed è del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione" . E non basta: "la equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine. Con queste norme non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici". Anzichè ricercare un "punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto alla informazione", Governo e Parlamento - lamenta l'Anm - "sacrificano del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione". Un quadro ancora più preoccupante se letto insieme alla riforma del processo penale in discussione in Senato; una proposta che "non introduce le riforme necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo". 11 giugno 2009
2009-06-11 Intercettazioni, l'appello dei magistrati La Camera ha approvato la questione di fiducia posta dal governo sul Ddl sulle intercettazioni. I sì sono stati 325, 246 i no, due gli astenuti. La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia". A insorgere contro le nuove norme è l'Associazione nazionale magistrati, che parla di scelte legislative "che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". In particolare, le norme sulle intercettazioni "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". I magistrati si dicono "sgomenti" che il Parlamento compia queste scelte proprio "in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è evocata come priorità del Paese". E spiegano con esempi concreti la "gravità delle conseguenze" delle nuove norme: "gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla Bnl: in nessuno di questi casi con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli". "È semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato. Ed è del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione" . E non basta: "la equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine. Con queste norme non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici". Anzichè ricercare un "punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto alla informazione", Governo e Parlamento - lamenta l'Anm - "sacrificano del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione". Un quadro ancora più preoccupante se letto insieme alla riforma del processo penale in discussione in Senato; una proposta che "non introduce le riforme necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo". In sostanza è come se"Governo e Parlamento chiedono alle forze dell' ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". Sarebbe allora "più serio e coerente - sostiene la giunta dell'Anm - assumersi la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile". Comunque sul ddl intercettazioni con ogni probabilità, dopo la fiducia dalla Camera, ci sarà una votazione a scrutinio segreto sull'intero provvedimento. Ipotesi prevista dal regolamento e sulla quale l'opposizione sarebbe propensa a chiedere alla Presidenza della Camera un vaglio di ammissibilità. Secondo quanto si apprende la Presidenza della Camera sarebbe fortemente orientata, a fronte della formalizzazione della richiesta,a valutarla positivamente. A chiedere lo scrutinio segreto dovranno essere 30 deputati o un capogruppo che li rappresenti. 10 giugno 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2009-06-12 Intercettazioni, via libera al Ddl Ma è scontro alla principali novità di Nicoletta Cottone Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 11 giugno 2009 IL PUNTO Quei 17 franchi tiratori che hanno dato la vittoria politica al governo di Stefano Folli L'ABC del ddl intercettazioni Dossier illegali, Consulta: "Privacy e giusto processo devono trovare simmetria costituzionale" Il testo del maxiemendamento Pd, Idv e Udc scrivono a Napolitano sul reiterato ricorso alla fiducia Di Pietro: "Arriva un nuovo lodo per salvare la casta" Via libera della Camera al ddl intercettazioni, con 318 voti a favore, 224 contrari e un astenuto. L'aula di Montecitorio ha, dunque, approvato con voto segreto il ddl sulle intercettazioni, che ora passerà all'esame del senato. Ieri il governo aveva incassato la fiducia sul maxiemendamento interamente sostitutivo del disegno di legge sulle intercettazioni. A favore della fiducia avevano votato 325 deputati, 246 i contrari, due gli astenuti. Ecco le dichiarazioni di voto e, sotto, le novità del provvedimento. Donadi (Idv): la legge getta due macigni sullo Stato democratico. Nelle dichiarazioni di voto, trasmesse in diretta tv, il capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi, annunciando il no del partito al provvedimento, ha ribadito che si tratta di una "legge vergognosa che getta due macigni sul nostro Stato democratico", uno sulla libertà di stampa, uno sulle intercettazioni. "Uno sulla libertà di stampa. I reati che riguardano la politica, l'industria e la finanza dei forti e dei prepotenti non saranno più conosciuti dagli italiani. i giornali non potranno più parlarne. È la fine, il bavaglio finale per un'informazione come quella italiana che già oggi é la meno libera d'Europa. Il secondo macigno é quello con cui cancellate le intercettazioni telefoniche. È inutile fare giri di parole. quando si prevede che si possono fare solo dopo aver scoperto il colpevole e che servono unicamente per avere conferma del reato, di fatto, le abolite". Vietti (Udc): le intercettazioni saranno una condanna anticipata. Dopo l'approvazione del ddl intercettazioni, si è chiesto il vicepresidente dei deputati dell'Udc Michele Vietti, annunciando il no del suogruppo al provvedimento, "come farà il governo a continuare a dire che la sicurezza è una priorità quando approva un provvedimento che tutti giudicano come una caduta di efficacia delle indagini penali?". Con la formula scelta da questo provvedimento l'ammissibilità dell'uso delle intercettazioni, ha detto Vietti, "rischia di diventare una condanna anticipata dell'indagato. E questo dà il via a una china estremamente pericolosa". Gentiloni (Pd): il governo protegge la privacy di pochi. "Con questo ddl la scelta proposta è tra la protezione della privacy di pochi e quella della sicurezza di tutti: noi scegliamo la seconda opzione e votiamo no". Così Paolo Gentiloni (Pd) nella sua dichiarazione di voto. "Con questo testo - ha spiegato - c'è la rinuncia sostanziale allo strumento più efficace per fare indagini. Non si potranno usare le intercettazioni quando servono e si potranno usare quando non serviranno. Quanti trafficanti, assassini e pedofili resteranno a piede libero dopo questo voto? Da ora sarà più difficile salvare vite umane, ed il Paese abbassa la guardia in materia di sicurezza". E questo, ha puntualizzato Gentiloni, solo per garantire la privacy degli inquilini delle stanze del potere e anche delle stanze di qualche villa". Dussin (Lega Nord): la lege renderà impossibile questa sorta di "grande fratello". Nelle dichiarazioni di voto il deputato della Lega Luciano Dussin difende il ddl intercettazioni e attacca il Csm "che lavora affinché la magistratura non lavori". Dussin afferma che questa legge renderà impossibile che si continui con questa sorta di "grande fratello" delle intercettazioni. Poi urla contro il capogruppo dell'Idv Massimo Donadi che definisce più volte "servo di Di Pietro". Non si possono "avere 500 milioni di buco - grida ancora nell'aula della Camera - perché alcune preture devono fare infinite intercettazioni" fuori controllo. Belcastro (Mpa): sì per lealtà al governo, ma siamo perplessi. Il Movimento per l'autonomia ha annunciato che voterà a favore del ddl intercettazioni esclusivamente "per lealtà" di governo, anche se il provvedimento, ha detto il deputato Elio Belcastro, "ci lascia perplessi". Ecco le principali novità del provvedimento. Archivio riservato per telefonate e verbali. Telefonate e verbali saranno custoditi in un archivio presso la Procura. Le registrazioni saranno fatte con impianti installati nei Centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di Corte d'Appello. I procuratori dovranno gestire e controllare questi Centri e avranno 5 giorni per depositare verbali e intercettazioni. Se dal loro deposito però ci sarà pregiudizio per le indagini, si potrà ritardare la consegna, ma non oltre la data dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Vietato allegare le intercettazioni al fascicolo. Torna il carcere per i cronisti: la pena diventa da 6 mesi a 3 anni. Divieto di pubblicazione per le intercettazioni. Per le intercettazioni, anche quelle non più coperte da segreto, resta il divieto di pubblicazione anche parziale fino alla conclusione delle indagini preliminari. Vietato pubblicare le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari fino a quando l'indagato o il suo difensore non ne siano venuti a conoscenza (poi se ne potrà pubblicare il contenuto). Fanno eccezione le intercettazioni riportate nelle ordinanze. Per quelle permane il divieto di pubblicazione. Durata delle intercettazioni. Non si potrà intercettare per più di 60 giorni: 30, più 15, più 15. Per reati di mafia, terrorismo o minaccia col mezzo del telefono si può arrivare a 40 giorni prorogabili di altri 20. Intercettazioni agli 007. Se un Pm volesse intercettare un telefono usato da esponenti dei Servizi e quindi anche da body guard dovrà informarne entro 5 giorni il presidente del Consiglio che potrà apporre il segreto di Stato. Intercettazioni ambientali. Si potranno usare le cimici solo per spiare luoghi nei quali si sa che si sta compiendo un'attività criminosa. Unica eccezione per i reati di mafia, terrorismo e per quelli più gravi. Intercettazioni solo con evidenti indizi di colpevolezza. Il Pm potrà chiedere di intercettare solo se ci saranno "evidenti indizi di colpevolezza" e solo se saranno "assolutamente indispensabili". Nelle indagini di mafia e terrorismo, invece, basteranno "sufficienti indizi di reato". La richiesta dovrà essere autorizzata da un Gip collegiale del capoluogo del distretto. Ma il giudice dovrà poi compiere una valutazione autonoma del caso. Obbligo di astensione per il giudice. Il giudice che rilascia "pubblicamente dichiarazioni" sul procedimento affidatogli ha l'obbligo di astenersi. E sarà sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d' ufficio. Omesso controllo. Ammenda da 500 a 1.032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che ometteranno di esercitare "il controllo necessario a impedire la indebita cognizione o pubblicazione delle intercettazioni". Procedimento contro ignoti. Le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solo sue utenze. Procedimenti penali e nomi e immagini di magistrati. Stop alla pubblicazione di nomi o immagini di magistrati "relativamente ai procedimenti penali a loro affidati", salvo che l'immagine non sia indispensabile al diritto di cronaca. Reati intercettabili. Potranno essere intercettati tutti i reati con pene oltre i 5 anni, compresi quelli contro Pubblica Amministrazione; ingiuria; minaccia; usura; molestia; traffico-commercio di stupefacenti e armi; insider trading; aggiotaggio; contrabbando; diffusione materiale pornografico anche relativo a minori. Relazione sulle spese per intercettazioni. Ci sarà un tetto di spesa stabilito dal ministero della Giustizia, sentito il Csm. Entro il 31 marzo ogni procuratore trasmetterà a Via Arenula una relazione sulle spese per le intercettazioni dell'anno precedente. Rettifica senza commento. Cambia anche la norma sulle rettifiche, che dovranno essere pubblicate nella loro interezza, ma "senza commento". E si disciplinano anche quelle su internet: le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono. 11 giugno 2009
IL PUNTO DI STEFANO FOLLI Stefano Folli nasce a Roma da famiglia di origini milanesi. Laureato in lettere, muove i primi passi nel giornalismo alla "Voce Repubblicana", l'organo storico del Pri allora guidato da Ugo La Malfa. Nel 1981 viene nominato direttore responsabile della nuova edizione della "Voce". Collaboratore di Giovanni Spadolini, Folli ne è il portavoce a Palazzo Chigi durante l'esperienza del primo governo a guida laica, fra il 1981 e '82. Nel 1989 passa al "Tempo" come caporedattore politico. Dalla fine del '90 è al "Corriere della Sera", come notista politico e, più tardi, editorialista, fino ad assumerne la direzione tra il 2003 e il 2004. Dal 2005 è editorialista de "Il Sole 24 Ore". Folli ha anche fondato e diretto la rivista di affari internazionali "Nuovo Occidente". Ha vinto alcuni premi di giornalismo, tra i quali il St. Vincent, il premio Ischia e il Fregene. stefano.folli@ilsole24ore.com
Dossier illegali, Consulta: "Privacy e giusto processo devono trovare simmetria costituzionale" commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 11 giugno 2009 È assolutamente necessario che privacy e giusto processo trovino la loro simmetria costituzionale. Ne sono convinti i giudici della Consulta che, in assenza di un preciso bilanciamento tra prerogative fondamentali formulato per legge, sono dovuti intervenire su un aspetto del procedimento penale strettamente connesso al tema delle intercettazioni, di grande attualità in questa estate 2009. In particolare, la massima Corte ha bocciato in parte il provvedimento varato dal Governo Prodi e approvato dal Parlamento con voto bipartisan nel 2007, che impone la distruzione di dossier informativi illegalmente acquisiti (Dl 259/2006, convertito dalla legge 281/2006). La sentenza n. 173 (pubblicata sul sito www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com), fa presente però, "che nell'attuale situazione di incertezza sull'effettività della tutela della riservatezza non è possibile cancellare, puramente e semplicemente, le norme che impongono l'eliminazione di documenti, supporti e atti illecitamente acquisiti", ma piuttosto si devono "ricondurre tali disposizioni – nei limiti del possibile – al rispetto sia dell'equilibrio costituzionalmente necessario, sia della ratio emergente dalle stesse". Allora ecco il compromesso individuato: rafforzamento del diritto di difesa nell'ambito della rapida procedura incidentale nella quale viene cancellata ogni traccia di notizie illegalmente formate e acquisite. Come? Recidendo il legame tra la procedura speciale e le limitazioni del contraddittorio che connotano il modello generale del rito camerale, oltre all'allargamento delle potenzialità rappresentative del verbale "sostitutivo" del corpo del reato. La Corte costituzionale ha così dichiarato l'illegittimità dell'articolo 240, commi 4 e 5, del codice di procedura nella parte in cui non prevede, per la disciplina del contraddittorio, l'applicazione dell'articolo 401, commi 1 e 2. Inoltre, ha "bocciato" anche il sesto comma della stessa norma nella parte in cui non esclude dal divieto di far riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del citato verbale, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti. Certo è che il richiamo al condivisibile intento di porre rimedio al "dilagante e preoccupante fenomeno di violazione della riservatezza dovuto alla incontrollata diffusione mediatica di dati e informazioni personali" e il contestuale monito alla salvaguardia del giusto processo sembrano due "saggi" consigli da tener bene a mente nelle ore in cui si gioca la partita della riforma dello strumento di ricerca della prova. (Be.D.) 11 giugno 2009
Corte costituzionale - Sentenza 11 giugno 2009 n. 173 La distruzione dei dossier relativi a intercettazioni illecitamente acquisite deve avvenire sempre nel rispetto del contraddittorio. Lo sancisce la Corte costituzionale con la sentenza n. 173 del 2009 che ha dichiarato illegittimo l'articolo 240, commi 4 e 5, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che per la distruzione del materiale sia rispettato, per la disciplina del contraddittorio, l'articolo 401, commi 1 e 2, del Cpp secondo cui l'udienza si deve svolgere in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del Pm, del difensore e della persona sottoposta alle indagini. Non solo. Sotto i colpi della Corte costituzionale è caduto anche il comma 6 dello stesso articolo 240 del Cpp nella parte in cui non esclude dal divieto di fare riferimento al contenuto dei documenti, supporti e atti, nella redazione del verbale previsto dalla stessa norma, le circostanze inerenti l'attività di formazione, acquisizione e raccolta degli stessi documenti, supporti e atti. SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE 2009-173NO A DISTRUZ. INTERCEZZAZ.
L'ABC del ddl intercettazioni di Claudio Tucci Pagina: 1 2 3 4 di 4 pagina successiva commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 10 giugno 2009 "Dai nostri archivi" Intercettazioni, via libera al DdlMa è scontro alla principali novità Intercettazioni: emendamento del Governo, possibili solo per 60 giorni Intercettazioni solo in caso di "evidenti indizi di colpevolezza" e se "assolutamente indispensabili", archivio "riservato" per custodire telefonate e verbali e processi in radio e in televisione solo se c’è l’assenso delle parti. Bisognerà che si adeguino, anche, pubblici ministeri e giudici, specie se con il vizio di "parlare troppo". La toga, infatti, che rilascia "pubblicamente dichiarazioni" sul procedimento affidatogli, prevede il maxiemendamento sostitutivo del disegno di legge sulle intercettazioni, su cui la Camera sta votando la fiducia, ha l’obbligo di astenersi dal proseguire il giudizio. E sarà sostituto se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Carcere per i giornalisti e stop alla pubblicazione di nomi o immagini di magistrati impegnati in procedimenti e processi penali loro affidati. Unica eccezione per l’immagine, specie, quando, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere separata dall’immagine del giudice.
Tra le novità in arrivo, che, comunque, si applicheranno ai nuovi procedimenti, stabilito che potranno essere intercettati tutti i reati con pene superiori ai 5 anni, compresi quelli contro la pubblica amministrazione. Le cosiddette "cimici", poi, andranno utilizzate solo per spiare luoghi dove si sta svolgendo un’attività criminosa e, ma con alcune eccezioni, le intercettazioni non potranno, essere usate in procedimenti diversi da quelli nelle quali sono state disposte. Nelle indagini di mafia e terrorismo, l’intercettazione scatta se sussistono "sufficienti indizi di reato". Nei procedimenti, invece, contro ignoti, le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solamente per le sue utenze e all’unico fine di identificare l’autore del reato. Non si potrà intercettare per più di 30 giorni (anche non continuativi), che possono essere prorogati di 15 giorni e di successivi 15 giorni, ma solo se, nel frattempo, siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga. Per i reati di mafia, terrorismo o minaccia per mezzo di telefono, si può arrivare a 40 giorni, prorogabili di altri venti.
Scatta, poi, il divieto di pubblicazione (neppure parziale), per le intercettazioni, anche quelle non più coperte da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari. Sarà vietato, pure, pubblicare le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari, almeno fino a quando l’indagato (o il suo avvocato difensore) non ne siano venuti a conoscenza. Dopo di che se ne potrà pubblicare il contenuto.
Cambia, anche, la norma sulle rettifiche, che dovranno, ora, essere pubblicate per intero e senza commenti. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
Ecco, in ordine alfabetico, voce per voce, il contenuto del maxiemendamento sulle intercettazioni, composto da un solo articolo e da 35 commi. Archivio riservato e utilizzo in procedimenti diversi (articolo 1, commi 11, 13 e 35). Telefonate e verbali dovranno essere custoditi presso un archivio riservato presso la Procura. I verbali dovranno contenere l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione dell’intercettazione, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione. Stabilito, anche, che le registrazioni saranno fatte con impianti installati nei centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di corte d’Appello. Le nuove norme si applicheranno decorsi 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di via Arenula che disporrà l’entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica. I procuratori dovranno gestire e controllare questi centri e avranno 5 giorni di tempo per depositare verbali e intercettazioni. Se dal loro deposito, però, può esserci grave pregiudizio per le indagini, si potrà ritardare la consegna, ma non oltre la data dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari. Stabilito, poi, che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte. Fanno eccezione i casi di mafia e terrorismo.
Arresto in flagrante (articolo 1, comma 22). Anche nei casi di delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere, se, però, l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra i quali, pure, quelli di furto. CONTINUA ..." Carcere per i giornalisti (articolo 1, comma 26). Da 6 mesi fino a 3 anni per chi pubblica intercettazioni vietate dalla legge. Rischia lo stesso la galera chi, mediante modalità o attività illecita, prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto, e, pure, se si rivelano indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno. Mentre le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di servizio degli 007. Ammenda, invece, da 500 a 1032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che omettono di esercitare il controllo necessario a impedire la indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa. Codice deontologico giornalisti (articolo 1, comma 33). Previsto che il Garante della privacy possa vietare il trattamento o disporne il blocco di dati utilizzati nell’esercizio dell’attività giornalistica in caso di violazioni contenute nel codice deontologico. Il Garante può, anche, prescrivere, quale misura necessaria a tutela dell’interessato, la pubblicazione o diffusione (gratuita) in una o più testate della decisione che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione. Possono partecipare al procedimento, anche, il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell’Ordine dei giornalisti, in relazione alla responsabilità disciplinare dell’iscritto.
Divieto di pubblicare le intercettazioni (articolo 1, commi 5, 7 e 8). Arriva un giro di vite sul fronte intercettazioni. Introdotto, in primo luogo, il divieto di rendere noti, anche parzialmente e sia per sunto che per contenuto, documenti e atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare. Vietato, poi, pubblicare, anche, le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari, almeno fino a quando l’indagato (o il suo avvocato difensore) non ne siano venuti a conoscenza. Dopo di che se ne potrà pubblicare il contenuto. Resta, comunque, fermo il divieto di pubblicare le intercettazioni riportate nelle ordinanze. Stabilito, inoltre, il divieto di pubblicare documenti, atti o, semplicemente, contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione o che riguardino fatti, circostanze e persone estranee alle indagini e di cui sia stata disposta l’espunzione. Confermato che la violazione di tale divieto costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. E di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone sopra indicate, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l’organo titolare del potere disciplinare, che, nei successivi 30 giorni, verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a 3 mesi.
Divieto di utilizzare le intercettazioni (articolo 1, commi 15 e 16). Chiarito che i risultati delle intercettazioni non possano essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge e, comunque, quando non siano state osservate alcune disposizioni previste del presente provvedimento. Analogo divieto è previsto qualora, nell’udienza preliminare o nel dibattimento, il fatto risulti diversamente qualificato e in relazione a esso non sussistano i limiti di ammissibilità previsti.
Intercettazioni agli 007 (articolo 1, comma 14). Stabilito che se un Pm volesse intercettare utenze riconducibili ad appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza dovrà informare entro 5 giorni il presidente del Consiglio dei ministri che può apporre il segreto di Stato. Se entro 30 giorni non oppone il segreto, l’autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l’ulteriore corso del procedimento. Chiarito, poi, che l’opposizione del segreto di Stato impedisce all’autorità giudiziaria l’utilizzazione delle notizie coperte dal segreto. Della relativa documentazione non può essere a nessun titolo estratta o rilasciata copia. Non è in ogni caso precluso all’autorità giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi e indipendenti dalle informazioni coperte da segreto.
Informazioni sull’azione penale (articolo 1, comma 24). Quando esercita l’azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l’autorità da cui l’impiegato dipende, dando notizia dell’imputazione, con espressa menzione degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del fatto. Quando, invece, l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all'autorità ecclesiastica. Il pubblico ministero invia l’informazione, anche, quando taluno di questi soggetti è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.
Misure cautelari personali (articolo 1, comma 18). Stabilito che, in ogni caso, i difensori possono prendere visione integrale dell’intercettazione, richiamata per contenuto nell’ordinanza per l’applicazione delle misure cautelari personali. Obbligo astensione per il giudice (articolo 1, comma 1). Ampliato il novero delle ipotesi che fanno scattare la rinuncia da parte del magistrato all’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali. D’ora in avanti, è obbligato a presentare al proprio presidente la dichiarazione di astensione, anche, nel caso in cui abbia pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli.
Obbligo segreto (articolo 1, commi 19, 20 e 21). Per gli atti e le attività d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, fino a quando, però, l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Previsto, tuttavia, che quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero possa chiedere al giudice l’autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. Stabilito, poi, che i verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell’archivio riservato della Procura, non acquisiti al procedimento, nonché la documentazione comunque a essi inerente, sono sempre coperti dal segreto. Come, pure, i documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti, e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al procedimento. Se, invece, i medesimi documenti sono acquisiti al procedimento come corpo del reato, sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari.
Ordinanza giudice (articolo 1, comma 17). Chiarito che nei provvedimenti del giudice, con assumono la veste di ordinanza, le intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto nel contenuto e sono inserite in un apposito fascicolo allegato agli atti.
Processi in televisione (articolo 1, comma 25). Solo se c’è il consenso delle parti.
Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (articolo 1, comma 27). Si applica all’ente responsabile una sanzione pecuniaria da 250 a 300 quote.
Pubblicazioni "per riassunto" (articolo 1, comma 4). Ammessa la possibilità di pubblicare per riassunto agli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.
Reati intercettabili (articolo 1, comma 9). Potranno essere intercettati tutti i reati con pene superiori ai 5 anni, compresi quelli conto la pubblica amministrazione. A cui si aggiungono, poi, i delitti di droga, contrabbando, armi e sostanze esplosive e, in genere, i reati di pornografia relativa a minori, ingiuria, minaccia, usura, manipolazione del mercato, molestia o disturbo di persone col mezzo del telefono. In tutte queste ipotesi è consentita, anche, l’intercettazione di comunicazioni tra presenti, attraverso l’utilizzo delle cosiddette "cimici", solo, però, se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l’attività criminosa.
Relazione su spese e "tetto" (articolo 1, commi 29, 30 e 31). Entro il 31 marzo, ciascun procuratore della Repubblica trasmette a via Arenula una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione riferite alle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell’anno precedente. A un decreto, poi, del ministro della Giustizia, sentito il Csm, il compito di stabilire, annualmente, lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di Corte di appello. Chiarito che si dovrà agire nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente e, cioè, senza nuovi o maggiori oneri a carico dell’Erario. Toccherà, poi, al procuratore generale della Corte di appello provvedere alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il limite di spesa potrà essere derogato solo per comprovate sopravvenute esigenze investigative.
Rettifiche (articolo 1, comma 28). Che dovranno essere pubblicate per intero e senza commenti. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
Richiesta e durata intercettazioni (articolo 1, commi 10 e 32). Spetta al Pm, con l’assenso scritto del procuratore della Repubblica, chiedere l’autorizzazione a disporre le intercettazioni. Dovrà inviare, pure, tutto il fascicolo con gli atti fino a quel momento compiuti. La decisione è assunta con decreto collegiale, quando vi sono evidenti indizi di colpevolezza e le operazioni richieste sono assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistono specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un’autonoma valutazione da parte del giudice. Nelle indagini di mafia e terrorismo bastano i "sufficienti indizi di reato". Nei procedimenti, invece, contro ignoti, le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solamente per le sue utenze e all’unico fine di identificare l’autore del reato. Non si potrà intercettare per più di 30 giorni (anche non continuativi), che possono essere prorogati di 15 giorni e di successivi 15 giorni, ma solo se siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga. Per i reati di mafia, terrorismo o minaccia per mezzo di telefono, si può arrivare a 40 giorni, prorogabili di altri venti. In ogni caso, presso un apposito registro riservato tenuto in ogni procura della Repubblica vengono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni. Quando non vi provvede il Pm personalmente, si deve indicare l’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni di intercettazione. Sostituzione pubblico ministero (articolo 1, comma 2). Pure nel caso in cui abbia pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli e, anche, se risulta iscritto nel registro degli indagati per rilevazione illecita di segreti inerenti un procedimento assegnatogli.
Stop alla pubblicazione di nomi e immagini dei magistrati (articolo 1, comma 6). Introdotta una sorta di anonimato per il giudice. E’ fatto divieto diffondere nomi o immagini di magistrati impegnati in procedimenti e processi penali loro affidati. Unica eccezione per l’immagine, specie, quando, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere separata dall’immagine del giudice.
Supporti contenenti le registrazioni (articolo 1, comma 23). E i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, racchiusi in apposite custodie numerate e sigillate, sono collocati in un involucro sul quale sono indicati il numero delle registrazioni contenute, il numero dell’apparecchio controllato, i nomi, se possibile, delle persone le cui conversazioni sono state sottoposte ad ascolto e il numero che, con riferimento alla registrazione consentita, risulta dal registro delle intercettazioni nonché dal registro delle notizie di reato. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell’archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.
Tempi di applicazione (articolo 1, comma 34). Stabilito che le novità contenute nella presente legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.
Vietato allegare le intercettazioni al fascicolo (articolo 1, comma 12). Stabilito che i verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente nello speciale archivio presso la Procura che ha disposto l’intercettazione. Con divieto, quindi, di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo del procedimento.
Vietato intercettare l’avvocato difensore (articolo 1, comma 3). Confermato il divieto di intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite. Specificato che il divieto opera, anche, nel caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati e che costituiscono illecito disciplinare (da sommare all’eventuale responsabilità penale) ogni annotazione, informativa, anche verbale, e utilizzazione delle conversazioni o comunicazioni intercettate in spregio del sopra citato divieto. 10 giugno 2009
2009-06-11 Intercettazioni, il governo incassa la fiducia Le principali novità di Nicoletta Cottone commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 10 giugno 2009 L'ABC del ddl intercettazioni Il testo del maxiemendamento Pd, Idv e Udc scrivono a Napolitano sul reiterato ricorso alla fiducia Di Pietro: "Arriva un nuovo lodo per salvare la casta" Il governo ha incassato la fiducia dell'aula della Camera sul maxiemendamento presentato ieri dal governo interamente sostitutivo del disegno di legge sulle intercettazioni. A favore hanno votato 325 deputati, 246 i contrari, due gli astenuti. Il via libera definitivo al provvedimento, che poi passerà all'esame del Senato, é atteso per domani: alle 16 nell'Aula della Camera la votazione finale. Oggi saranno discussi gli ordini del giorno al provvedimento. che saranno votati domattina dalle ore 10. Le dichiarazioni di voto finali avranno inizio alle15 e saranno trasmesse in diretta televisiva. Ecco le principali novità del provvedimento. Archivio riservato per telefonate e verbali. Telefonate e verbali saranno custoditi in un archivio presso la Procura. Le registrazioni saranno fatte con impianti installati nei Centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di Corte d'Appello. I procuratori dovranno gestire e controllare questi Centri e avranno 5 giorni per depositare verbali e intercettazioni. Se dal loro deposito però ci sarà pregiudizio per le indagini, si potrà ritardare la consegna, ma non oltre la data dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Vietato allegare le intercettazioni al fascicolo. Carcere ai giornalisti. Torna il carcere per i cronisti: la pena diventa da 6 mesi a 3 anni. Divieto di pubblicazione per le intercettazioni. Per le intercettazioni, anche quelle non più coperte da segreto, resta il divieto di pubblicazione anche parziale fino alla conclusione delle indagini preliminari. Vietato pubblicare le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari fino a quando l'indagato o il suo difensore non ne siano venuti a conoscenza (poi se ne potrà pubblicare il contenuto). Fanno eccezione le intercettazioni riportate nelle ordinanze. Per quelle permane il divieto di pubblicazione. Durata delle intercettazioni. Non si potrà intercettare per più di 60 giorni: 30, più 15, più 15. Per reati di mafia, terrorismo o minaccia col mezzo del telefono si può arrivare a 40 giorni prorogabili di altri 20. Intercettazioni agli 007. Se un Pm volesse intercettare un telefono usato da esponenti dei Servizi e quindi anche da body guard dovrà informarne entro 5 giorni il presidente del Consiglio che potrà apporre il segreto di Stato. Intercettazioni ambientali. Si potranno usare le cimici solo per spiare luoghi nei quali si sa che si sta compiendo un'attività criminosa. Unica eccezione per i reati di mafia, terrorismo e per quelli più gravi. Intercettazioni solo con evidenti indizi di colpevolezza. Il Pm potrà chiedere di intercettare solo se ci saranno "evidenti indizi di colpevolezza" e solo se saranno "assolutamente indispensabili". Nelle indagini di mafia e terrorismo, invece, basteranno "sufficienti indizi di reato". La richiesta dovrà essere autorizzata da un Gip collegiale del capoluogo del distretto. Ma il giudice dovrà poi compiere una valutazione autonoma del caso. Obbligo di astensione per il giudice. Il giudice che rilascia "pubblicamente dichiarazioni" sul procedimento affidatogli ha l'obbligo di astenersi. E sarà sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d' ufficio. Omesso controllo. Ammenda da 500 a 1.032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che ometteranno di esercitare "il controllo necessario a impedire la indebita cognizione o pubblicazione delle intercettazioni".
Procedimento contro ignoti. Le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solo sue utenze. Procedimenti penali e nomi e immagini di magistrati. Stop alla pubblicazione di nomi o immagini di magistrati "relativamente ai procedimenti penali a loro affidati", salvo che l'immagine non sia indispensabile al diritto di cronaca. Reati intercettabili. Potranno essere intercettati tutti i reati con pene oltre i 5 anni, compresi quelli contro Pubblica Amministrazione; ingiuria; minaccia; usura; molestia; traffico-commercio di stupefacenti e armi; insider trading; aggiotaggio; contrabbando; diffusione materiale pornografico anche relativo a minori. Relazione sulle spese per intercettazioni. Ci sarà un tetto di spesa stabilito dal ministero della Giustizia, sentito il Csm. Entro il 31 marzo ogni procuratore trasmetterà a Via Arenula una relazione sulle spese per le intercettazioni dell'anno precedente. Rettifica senza commento. Cambia anche la norma sulle rettifiche, che dovranno essere pubblicate nella loro interezza, ma "senza commento". E si disciplinano anche quelle su internet: le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono. 10 giugno 2009
L'ABC del ddl intercettazioni di Claudio Tucci Intercettazioni solo in caso di "evidenti indizi di colpevolezza" e se "assolutamente indispensabili", archivio "riservato" per custodire telefonate e verbali e processi in radio e in televisione solo se c’è l’assenso delle parti. Bisognerà che si adeguino, anche, pubblici ministeri e giudici, specie se con il vizio di "parlare troppo". La toga, infatti, che rilascia "pubblicamente dichiarazioni" sul procedimento affidatogli, prevede il maxiemendamento sostitutivo del disegno di legge sulle intercettazioni, su cui la Camera sta votando la fiducia, ha l’obbligo di astenersi dal proseguire il giudizio. E sarà sostituto se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Carcere per i giornalisti e stop alla pubblicazione di nomi o immagini di magistrati impegnati in procedimenti e processi penali loro affidati. Unica eccezione per l’immagine, specie, quando, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere separata dall’immagine del giudice.
Tra le novità in arrivo, che, comunque, si applicheranno ai nuovi procedimenti, stabilito che potranno essere intercettati tutti i reati con pene superiori ai 5 anni, compresi quelli contro la pubblica amministrazione. Le cosiddette "cimici", poi, andranno utilizzate solo per spiare luoghi dove si sta svolgendo un’attività criminosa e, ma con alcune eccezioni, le intercettazioni non potranno, essere usate in procedimenti diversi da quelli nelle quali sono state disposte. Nelle indagini di mafia e terrorismo, l’intercettazione scatta se sussistono "sufficienti indizi di reato". Nei procedimenti, invece, contro ignoti, le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solamente per le sue utenze e all’unico fine di identificare l’autore del reato. Non si potrà intercettare per più di 30 giorni (anche non continuativi), che possono essere prorogati di 15 giorni e di successivi 15 giorni, ma solo se, nel frattempo, siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga. Per i reati di mafia, terrorismo o minaccia per mezzo di telefono, si può arrivare a 40 giorni, prorogabili di altri venti.
Scatta, poi, il divieto di pubblicazione (neppure parziale), per le intercettazioni, anche quelle non più coperte da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari. Sarà vietato, pure, pubblicare le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari, almeno fino a quando l’indagato (o il suo avvocato difensore) non ne siano venuti a conoscenza. Dopo di che se ne potrà pubblicare il contenuto.
Cambia, anche, la norma sulle rettifiche, che dovranno, ora, essere pubblicate per intero e senza commenti. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
Ecco, in ordine alfabetico, voce per voce, il contenuto del maxiemendamento sulle intercettazioni, composto da un solo articolo e da 35 commi. Archivio riservato e utilizzo in procedimenti diversi (articolo 1, commi 11, 13 e 35). Telefonate e verbali dovranno essere custoditi presso un archivio riservato presso la Procura. I verbali dovranno contenere l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione dell’intercettazione, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione. Stabilito, anche, che le registrazioni saranno fatte con impianti installati nei centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di corte d’Appello. Le nuove norme si applicheranno decorsi 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di via Arenula che disporrà l’entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica. I procuratori dovranno gestire e controllare questi centri e avranno 5 giorni di tempo per depositare verbali e intercettazioni. Se dal loro deposito, però, può esserci grave pregiudizio per le indagini, si potrà ritardare la consegna, ma non oltre la data dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari. Stabilito, poi, che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte. Fanno eccezione i casi di mafia e terrorismo.
Arresto in flagrante (articolo 1, comma 22). Anche nei casi di delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere, se, però, l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra i quali, pure, quelli di furto. CONTINUA ..." Carcere per i giornalisti (articolo 1, comma 26). Da 6 mesi fino a 3 anni per chi pubblica intercettazioni vietate dalla legge. Rischia lo stesso la galera chi, mediante modalità o attività illecita, prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto, e, pure, se si rivelano indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno. Mentre le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di servizio degli 007. Ammenda, invece, da 500 a 1032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che omettono di esercitare il controllo necessario a impedire la indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa. 10 giugno 2009
A.C. 1415-A - Proposta emendativa su cui il Governo ha posto la fiducia PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 SULLA QUALE IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA Sostituire l'articolo 1 con il seguente: Art. 1. 1. All'articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente: 2. All'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 3. All'articolo 103 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 4. All'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto". 6. Dopo il comma 6-bis dell'articolo 114 del codice di procedura penale, è inserito il seguente: 7. All'articolo 114 del codice di procedura penale, il comma 7 è sostituito dal seguente: 8. All'articolo 115 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente: 9. L'articolo 266 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: 2. Negli stessi casi di cui al comma 1 è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa". 10. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 11. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 12. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 13. All'articolo 270 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente: 14. L'articolo 270-bis del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: 15. All'articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale, le parole "e 268 commi 1 e 3" sono sostituite dalle seguenti: ", 268, commi 1, 3, 5, 6 e 6-bis, e 270-bis, commi 2, 3 e 5". 17. All'articolo 292 del codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente: 18. All'articolo 293 del codice di procedura penale, al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In ogni caso i difensori possono prendere visione del contenuto integrale dell'intercettazione, richiamata per contenuto nell'ordinanza per l'applicazione delle misure". 21. Alla parte seconda, libro V, titolo I, del codice di procedura penale, dopo l'articolo 329 è aggiunto il seguente: 22. All'articolo 380, comma 2, lettera m), del codice di procedura penale, dopo le parole: "o dalle lettere a), b), c), d)," sono inserite le seguenti: "e), e-bis),". 24. All'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni: 25. All'articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni: 26. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 27. Dopo l'articolo 25-octies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente: 28. All'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 29. Al titolo I, capo VI, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo l'articolo 90 è aggiunto il seguente: 30. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, è stabilito annualmente lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di Corte di appello. Il procuratore generale della Corte di appello provvede alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il limite di spesa può essere derogato su richiesta del procuratore capo al procuratore generale per comprovate sopravvenute esigenze investigative. 34. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore. Conseguentemente sopprimere gli articoli da 2 a 23.
Pd, Idv e Udc scrivono a Napolitano sul reiterato ricorso alla fiducia
Pd, Idv e Udc scrivono al Quirinale rilanciando l'allarme sul reiterato ricorso al voto di fiducia, che espropria il Parlamento delle sue funzioni e "compromette pericolosamente l'equilibrio che la Costituzione disegna tra governo e maggioranza e tra maggioranza e opposizione". Di fronte alla 15esima fiducia (questa volta a essere "blindato" dall'esecutivo è il ddl sulle intercettazioni), i capigruppo dell'opposizione a Montecitorio hanno deciso unitariamente di rivolgersi a Giorgio Napolitano, dopo aver più volte denunciato in aula alla Camera l'abuso della decratazione d'urgenza. Nella lettera inviata al Colle e sottoscritta da Antonello Soro, Massimo Donadi e Michele Vietti, viene denunciato il "processo di azzeramento" del diritto di emendare i provvedimenti, rimarcata la "vanificazione" delle norme regolamentari, anche quando prevedono il voto segreto e stigmatizzata la "pratica pericolosamente estensiva" di un ricorso ai maxiemendamenti che "trasformano intere leggi in provvedimenti da votare acriticamente in blocco".
I capigruppo segnalano al Capo dello Stato che la quindicesima arriva a distanza di una ventina di giorni dalle tre fiducie poste dalla maggioranza sui maxiemendamenti al pacchetto sicurezza. E oggi arriva la fiducia sul ddl-intercettazioni che viene "liquidato", scrivono ancora Soro, Vietti e Donadi, da un maxiemendamento, che strozza il confronto parlamentare, "di fronte a un numero assolutamente fisiologico di emendamenti e con tempi rigorosamente contingentati". Il "dubbio legittimo", ipotizzano i tre capigruppo d'opposizione, è che il governo "usi impropriamente l'istituto della fiducia come strumento di controllo della maggioranza". 10 giugno 2009
Di Pietro: "Arriva un nuovo lodo per salvare la casta" 10 giugno 2009 "Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dopo aver fatto il lodo Alfano, per assicurarsi l'impunità, e il lodo Apicella, per portare a spasso la sua corte dei miracoli con aeri di stato, ora vara il lodo intercettazioni per permettere alla casta politica e finanziaria di questo paese di sfuggire alle maglie della giustizia". A lanciare l'accusa il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, che affida la sua posizione a una nota perché oggi non potrà essere in aula per l'esame sul ddl intercettazioni a causa di controlli clinici a seguito di un versamento congiuntivale. Per Di Pietro "siamo in piena notte della Repubblica e dobbiamo fermare democraticamente questa dittatura fascistoide e piduista prima che sia troppo tardi". Poi aggiunge: "é chiaro: l'era Berlusconi si avvia al tramonto. Gli italiani cominciano a rendersi conto che egli non é quello statista che vuol far credere di essere, ma solo un approfittatore del sistema mediatico, pubblico e privato, che controlla e utilizza a suo uso e consumo per carpire il consenso e per fare eleggere i suoi accoliti". 10 giugno 2009
Appello Fieg-Fnsi: "Violata la libertà di informazione" 10 giugno 2009 Violata la libertà di informazione. Protestano la Federazione italiana editori giornali (Fieg) e la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) per il contenuto del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, sul quale il governo ha incassato oggi la fiducia alla Camera. Per le due federazioni di editori e giornalisti viola "il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Le due federazioni rivolgono, dunque, un appello congiunto al Parlamento e alle forze politiche affinché vengano introdotte nel provvedimento "le correzioni necessarie". Alla ripresa dei lavori parlamentari relativi al disegno di legge sulle intercettazioni, il cosidetto ddl Alfano, si legge nell'appello inviato a tutti gli organi di stampa affinché venga pubblicato domani, "la Fieg e la Fnsi si uniscono per rinnovare al Parlamento e a tutte le forze politiche l'appello ad evitare l'introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori. Tali previsioni violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Editori e i giornalisti, continua l'appello, "concordano sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative. Allo stesso effetto di limitazione della libertà di informazione portano le previsioni del disegno di legge che introducono anche sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti e la responsabilità oggettiva a carico degli editori, che verrebbe ad aggiungersi in modo confuso a quella del direttore di giornale". Per Fieg ed Fnsi, "è necessario salvaguardare il diritto di cronaca e di libera informazione, tutelare la funzione della stampa e del giornalista, assicurare il diritto dei cittadini a sapere. Gli editori e i giornalisti italiani si appellano al Parlamento, alle forze politiche e sociali e all'opinione pubblica affinché vengano introdotte nel ddl Alfano, su questi limitati ma decisivi aspetti, le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali per la democrazia". 10 giugno 2009
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